La Mappa dei Conflitti

Colombia
Da quasi quarant’anni la Colombia è sconvolta da una sanguinosa guerra civile tra governo, paramilitari e gruppi ribelli di estrema sinistra. All’origine di questo conflitto (300.000 morti), vi è un’enorme disparità sociale tra classi dirigenti e popolazione che aveva già provocato gravissime violenze ancora diversi anni prima dell’inizio “ufficiale” delle ostilità.

Haiti
Dai primi giorni del mese di febbraio 2004, una rivolta armata sta mettendo a ferro e fuoco il piccolo stato caraibico. I ribelli chiedono al presidente Jean Bertrand Aristide di lasciare l’incarico mentre avanzano minacciosi verso la capitale Port-Au-Prince. La situazione economica e sociale del Paese sfiora il disastro umanitario.

Sahara Occidentale
Unico territorio dell’Africa a non aver mai ottenuto l’indipendenza, il Sahara Occidentale è passato direttamente dalla dominazione coloniale spagnola ad un’occupazione militare marocchina senza che ai suoi abitanti nativi (i Saharawi) sia mai stato concesso il diritto di votare.

Liberia
La più antica Repubblica d’Africa è devastata da 14 anni di guerre civili. L’ultimo capitolo del terrore si è chiuso nell’agosto del 2003, con l’esilio del dittatore ed ex signore della guerra Charles Taylor, al potere ininterrottamente dal 1997, e con gli accordi di Accra stipulati tra fazioni ribelli (Lurd e Model) e governativi. Pressioni internazionali, un mandato di cattura del Tribunale Speciale per i crimini della Sierra Leone ed un mese di assedio del Lurd attorno a Monrovia, hanno costretto il presidente Taylor a farsi da parte trovando un rifugio dorato a Calabral (Nigeria). Ma il dopo Taylor è tutt’altro che pacifico.

Algeria
Intorno alla seconda metà degli anni ’90 le sanguinose stragi commesse dagli estremisti islamici si contrapponevano a violente controffensive da parte dell’esercito governativo, il che determinò l’instaurarsi di un clima di terrore che coinvolse la quasi totalità della popolazione. Oggi l’Algeria, dopo 100.000 morti sembra volere lentamente tornare alla normalità: la guerra appare in fase di lenta remissione, ma purtroppo non è ancora conclusa, come dimostrano le quotidiane notizie che descrivono un susseguirsi di agguati, scaramucce e bombardamenti.

Nigeria
La Nigeria è divisa in oltre 250 gruppi etnici-linguistici diversi. Queste differenze religiose sono alla base dei conflitti sviluppatisi nel paese. Gli scontri principali si sono verificati tra le popolazioni musulmane del nord, gli Hausa-Fulani, e quelle cristiane-animiste del sud, gli Yoruba.

Repubblica Democratica del Congo
Quella della Repubblica Democratica del Congo è stata definita una “Guerra Mondiale Africana”, che vede combattersi sul territorio congolese gli eserciti regolari di ben sei Paesi per il controllo dei ricchi giacimenti di diamanti, oro e coltan del Congo orientale. Almeno 350.000 le vittime dirette di questo conflitto.

Burundi
L’ultimo decennio di guerra tra le due maggiori componenti etniche del Burundi, i Tutsi e gli Hutu, iniziato nel 1993, ha provocato almeno 300.000 morti ed un milione di sfollati. Tuttavia, è stato recentemente programmato un incontro tra Governo e rappresentanti dei ribelli per discutere del cessate il fuoco e per porre le basi per una trattativa, da tenersi a breve.

Uganda
Il Presidentissimo Roweri Museveni, ha definito il Governo dell’Uganda “una forma alternativa di democrazia” nella quale fino al 2000 non potevano esistere altri partiti politici oltre il suo NRM (Movimento di resistenza nazionale), braccio politico della NRA (Armata di resistenza nazionale) con la quale si impadronì del potere nel 1988. Ma nonostante il lunghissimo periodo al potere ed i successi millantati, Museveni continua a dover affrontare i gravi problemi di una guerra civile logorante che dura da quasi 20 anni e che ha provocato una grave crisi economica.

Repubblica Centroafricana
Dal 25 ottobre 2002 la Repubblica Centroafricana è dilaniata da una guerra civile che oppone i ribelli di François Bozizé, ex capo delle forze armate, al presidente Félix Patassé, in carica dal 1993, rieletto sei anni dopo non senza polemiche. È il sesto tentato colpo di stato nei primi 9 anni di governo parlamentare.

Somalia
Dopo l’uscita di scena del presidente Siad Barre nel 1991, è iniziata una violentissima guerra di potere tra i vari clan del Paese. Nel ’92 sono intervenuti gli Usa e contingenti di pace internazionali, che non sono riusciti a riportare l’ordine nel Paese. Così nel 1995 le truppe ONU hanno abbandonato il paese, lasciando affondare la Somalia in una spirale di violenze che, fino ad oggi, ha provocato quasi mezzo milione di morti.

Eritrea-Etiopia
Dopo una guerra trentennale (1962-1991), l’Eritrea ottiene finalmente la propria indipendenza dall’Etiopia nel 1993. Il fatto però di non aver stabilito fin dall’inizio confini chiari e definitivi ha portato ad un rapido deterioramento dei rapporti tra i due Paesi, finché nel 1998 le truppe di Asmara decidono di varcare il confine, dando inizio a scontri armati che degenereranno presto in una sanguinosa guerra a tutto campo (1998-2000). Dopo 2 anni di conflitto e decine di migliaia di vittime (più di 70.000), Etiopia ed Eritrea cessano le ostilità e si affidano all’Onu per decidere definitivamente dei propri confini. Ma, tutt’ora, i due Paesi sono ancora ben lontani da un accordo.

Sri Lanka
Dal 2000 la Norvegia si prende carico di far da mediatrice alla guerra infinita tra cingalesi e tamil: nel 2002 Oslo ottiene il risultato di uno storico  cessate il fuoco, che, per quanto poco rispettato, regge, almeno sulla carta. L’assistenza di Stati Uniti e Giappone, grazie alla posizione strategica dell’isola, fa sì che il paese non precipiti nella miseria, ma il dramma della guerra (il cui bilancio è di 64.000 morti e almeno un milione di sfollati) ha spezzato intere generazioni. A partire dai bambini, traumatizzati dal conflitto, come parte passiva degli orrori, e attiva quando arruolati da milizie senza scrupolo. 

Cecenia
Con l’indipendenza della Cecenia nel 1991 la Russia aveva perso il controllo su un’area di enorme importanza strategica, in quanto ricca di giacimenti petroliferi e di gas naturale e soprattutto attraversata da importantissimi oleodotti e gasdotti. La sua riconquista, anche per non perdere un importante avamposto nell’Asia centrale (sempre più in mano a leadership musulmane filoccidentali), era un imperativo per Mosca. Le sue truppe invasero la Cecenia nel 1994, ma la resistenza delle milizie guidate da Basayef non venne piegata. Nel 1996 i russi presero atto della sconfitta, costata loro migliaia di vittime, e si ritirarono. 100.000 i morti ceceni. Il neo-rieletto premier russo Putin, invade nuovamente la Cecenia nell’ottobre del 1999 con il pretesto che i Ceceni appoggino gli indipendentisti islamici in Dagestan, altra repubblica strategica ancora sotto il controllo di Mosca. Gli attacchi sono violentissimi. La capitale Grozny viene bombardata fino alla distruzione. L’aviazione russa utilizza anche armi chimiche e le truppe di terra commettono atroci violenze contro la popolazione civile. I ribelli ceceni resistono nella parte meridionale del Paese, dove ora si concentrano le operazioni belliche delle forze armate russe.

Afghanistan
Osama bin Laden capo del Majlis al Shura, il Consiglio consultivo di Al Qaeda, nel giugno del 1998, in una remota località alla frontiera tra l’Afghanistan e il Pakistan, annuncia di fronte a 150 militanti islamici la costituzione del Fronte internazionale islamico per la guerra santa contro gli ebrei ed i crociati. A questa dichiarazione di guerra fanno seguito, il 7 agosto dello stesso anno, gli attentati alle ambasciate americane di Nairobi e Dar es-Salaam e il 12 ottobre 2000, l’attacco alla nave da guerra Uss Cole all’ancora nel porto di Aden. Il culmine della campagna in atto contro gli Usa viene raggiunto la mattina dell’11 settembre 2001 con i micidiali attacchi contro le Twin Towers ed il Pentagono. La reazione degli USA e dei loro alleati è rabbiosa e decisa: dopo mesi di bombardamenti, abbatteranno il regime del Mullah Omar e dei Talebani, accusati di nascondere lo Sceicco saudita.

Nepal
La lunga marcia non è finita per i guerriglieri maoisti del Nepal in lotta contro la monarchia costituzionale del re Gyanendra (creduto l’incarnazione del dio Visnhu) dal 1996, che hanno ripreso le ostilità dopo 7 mesi di fragile tregua. Più di mille e trecento i morti in soli pochi mesi dalla rottura del cessate il fuoco (27 agosto), contro le 8000 vittime in tutto l’arco del conflitto. Sul tavolo delle trattative non resta che l’inaccettabile richiesta – per il monarca e il suo establishment – di un’assemblea costituente che decida un nuovo assetto costituzionale per il tribolato paese himalayano. Scontri a fuoco, rapimenti, attentati e estorsioni sono il pane quotidiano di 22 milioni di nepalesi, uno dei popoli più poveri del mondo.

Aceh
Aceh (una provincia autonoma dell’Indonesia, situata nell’estremità settentrionale dell’isola di Sumatra) è teatro, nell’indifferenza generale, di una lunga guerra tra i ribelli del Movimento Aceh Libero (GAM) e l’esercito indonesiano che va avanti dal 1976, quasi ininterrottamente; il che la rende uno dei conflitti più lunghi attualmente in corso. 12.000, secondo le fonti più accreditate, i morti.

Filippine
Dal 1971 i musulmani di Mindanao (l’isola musulmana del Paese) hanno iniziato una lotta armata per l’indipendenza dell’isola. La guerra tra l’esercito di Manila e i militanti del Fronte di Liberazione Islamico dei Moro (MILF) ha causato fino ad oggi 150.000 morti.

Ovviamente, a questa coincisa enumerazione dei conflitti in corso oggi nel mondo, si devono aggiungere tutti quei contesti che non vengono definiti “guerre”, ma che ne presentano, di fatto, i caratteri distintivi. Mi riferisco alle numerose zone di tensione come la Spagna o L’Irlanda del Nord dove ancora i rispettivi gruppi separatisti attuano misure di terrore per fare sentire la propria voce, o alla vicenda di un uomo, guida spirituale del proprio popolo cui, dal lontano 1959, è impedito di poter entrare nel proprio paese.

 

Per ulteriori informazioni:
www.warnews.it


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