Il primo cittadino parla per 84 minuti, leggendo quasi integralmente una relazione lunga 76 pagine. Che però viene consegnata agli eletti pochi minuti dopo l'inizio della seduta consiliare. Quando è quasi mezza notte, nell'aula deserta esplode la polemica
Pogliese sindaco, il «bilancio consuntivo» di un anno Ma a tarda sera in Consiglio comunale scoppia il caos
Settantasei pagine di relazione, più di un’ora e venti minuti (84 minuti, per la precisione) di monologo. L’intervento del sindaco Salvo Pogliese per tracciare il «bilancio consuntivo» del primo anno di amministrazione si conclude tra gli applausi e le strette di mano. E con l’augurio, reiterato per la seconda volta dall’inizio del suo discorso, che ad aiutare la città di Catania ci si metta anche «la patrona Sant’Agata». Mentre nei corridoi e nelle stanze di Palazzo degli elefanti si riorganizzano i gruppi consiliari dopo la nascita di MuovitItalia, nell’aula consiliare il primo cittadino racconta «il percorso stretto e impervio che abbiamo dovuto affrontare, per salvare la nostra Catania dai tanti mali che l’affliggono e dal dissesto finanziario decretato dai magistrati contabili il 4 maggio dello scorso anno».
Dal default alle partecipate, passando per la semplificazione amministrativa e la riorganizzazione degli uffici (con la riduzione delle posizioni organizzative, ruoli di responsabilità affidati ai dipendenti comunali), Pogliese passa in rassegna gli sforzi profusi dall’insediamento a oggi. Così trovano spazio i cavalli di battaglia della sua amministrazione: il regolamento per la tassa di soggiorno, la rimodulazione delle tariffe per lo stadio Angelo Massimino (in cui però i vantati concerti estivi sono saltati), la sponsorizzazione della città sui siti dedicati alle prenotazioni delle vacanze, l’approvazione in giunta delle direttive per il nuovo piano regolatore generale della città, che presto dovrebbero arrivare in Consiglio comunale, la rimodulazione delle società partecipate.
«Di vostro in queste 76 pagine non c’è niente. È evidente la totale continuità con l’amministrazione precedente», sentenzia Salvo Di Salvo (Insieme si può). A parte le sue osservazioni, frutto di una lunga esperienza a Palazzo degli elefanti, non è facile per gli altri componenti dell’opposizione rispondere a tono. Perché la relazione presentata in aula viene consegnata agli eletti pochi minuti dopo l’inizio della seduta. Vicenda sollevata da Manfredi Zammataro (Diventerà bellissima) e sottolineata da Graziano Bonaccorsi (Movimento 5 stelle), primo a intervenire dopo le parole di Pogliese.
«Avrei voluto approfondire e studiare – dice Bonaccorsi – Molte cose dette sono lontane dalla realtà, ma le analizzerò come se fossi un semplice cittadino». Così se da un lato il sindaco annuncia i successi post-dissesto, il consigliere pentastellato ricorda i finanziamenti persi per il camposcuola di Picanello. Se da una parte il primo cittadino evidenzia le innovazioni sul fronte della digitalizzazione dei rapporti tra i catanesi e la pubblica amministrazione, Bonaccorsi evidenzia le continue proroghe ai privati che si occupano della riscossione dei tributi (senza particolare successo).
E infine: se il primo cittadino vanta una ormai prossima gara settennale per la raccolta dei rifiuti in città, il consigliere sottolinea che «i cittadini si trovano i cumuli di spazzatura davanti al portone di casa. E magari quando entrano non riescono neanche a fare la doccia perché manca l’acqua». È il disservizio della Sidra uno degli argomenti più volte trattati. «Sindaco – dice Giuseppe Gelsomino (Catania 2.0) – lei è fortunato: vive a San Gregorio e quando torna a casa la doccia se la può fare. Io sono costretto ad andare a casa della mia fidanzata, ad Aci Castello». Al di là dell’ilarità, però, il tema resta: «Il presidente della Sidra dovrebbe fare un passo indietro e rimettere a lei la delega. Siamo a Catania e voi la state facendo sembrare molto più Africa».
Dopo gli interventi di Luca Sangiorgio (Salvo Pogliese sindaco), Lidia Adorno (Movimento 5 stelle) e Daniele Bottino (Con Bianco per Catania) arriva un momento di vivacità. Gelsomino, intorno alle 23.30, chiede la verifica del numero legale. L’aula è deserta, i pochi rimasti aspettano il loro momento per parlare, è chiaro che non ci siano sufficienti consiglieri per mantenere viva la seduta. Che avrebbe rischiato, quindi, di essere rinviata. Le proteste si fanno vibranti, chi c’è prova a gridare più forte.
Di fronte alla minaccia che Gelsomino possa passare, sulla stampa, come colui che costringe inutilmente la città a pagare per una ulteriore seduta inutile, è lo stesso consigliere a ritirare la richiesta. «Però me ne vado», conclude. È il caos. La seduta viene sospesa per cinque minuti. Al rientro, ritrovata la pacatezza, Sebastiano Anastasi (Grande Catania), lancia una stoccata: «Io ho una dote, che è la memoria. Ricordo e ricorderò chi non ci salutava, chi ci minacciava, chi non riusciva a garantire il numero legale neanche per gestire la normale amministrazione». Il riferimento è a Enzo Bianco, ex sindaco e adesso consigliere comunale, ieri assente. «Non c’è neanche oggi», sottolinea il sindaco Pogliese all’una meno un quarto, quando inizia la sua replica.