La piscina comunale di Palermo è tra gli impianti più grandi d’Italia. Ma purtroppo ancora è difficile sfruttarlo a livello agonistico anche perché manca all’interno una struttura, il pontone (un pontile mobile), che potrebbe garantire lo svolgimento delle competizioni. Dopo una attesa di quasi due anni oggi c’è stato un incontro tra il gruppo di dieci genitori degli atleti che aveva avviato una petizione a sostegno del pontone e dell’adeguamento delle tribune della piscina all’aperto, il vicesindaco di Palermo Fabio Giambrone e l’assessora alle Infrastrutture Maria Presitgiacomo. Il vicensindaco ha ammesso il ritardo nell’occuparsi della vicenda ma «bisogna superare le polemiche, visto che siamo all’avvio dell’iter di verifica, prevista a fine gennaio o al massimo all’inizio di febbraio, e l’importante è non fermarsi. Se il pontone supera la verifica, si fa. Non sono contrario alla struttura, ma un riscontro tecnico è necessario».
I genitori presenti hanno accolto con favore la notizia ma «non può però passare il messaggio che si proceda di sei mesi in sei mesi – dice Luciano Caddemi – visto che dal 20 marzo 2018 aspettiamo il Pontone su promessa dell’allora Arcuri. Abbiamo nei due anni precedenti a questo incontro raccolto delle informazioni per cui per l’installazione del pontone, senza opere strutturali particolari, costerebbe nell’ordine da un minimo di 75mila a un massimo 100mila euro. L’impianto di Palermo è dotato di due vasche da 50 metri, una dentro e una fuori, come ce ne sono solo due e tre in tutta Italia. È paradossale, dentro non possiamo fare i regionali in vasca corta perché manca il pontone e fuori non possiamo farli in vasca lunga perché non c’è la tribuna». E Tommaso Battaglia, nominato referente per i genitori degli atleti rincara la dose: «Qual è il senso di spaccarsi la schiena come professionisti quando non c’è il riscontro agonistico e quando c’è devi fare 600 chilometri come minimo?». Senza contare le cosiddette gare-pollaio: «Sono state diminuite perché gli iscritti sono troppi – dice Francesco Sportaro – Questo significa che gli atleti avranno minore possibilità di fare dei tempi utili per i campionati regionali o per fare i tempi per quelli nazionali: su tre o quattro gare devono toglierne una e provare successivamente che in Sicilia vuol dire dopo un mese».
I genitori raccontano che le società palermitane sono ancora più penalizzate in termini di distanze rispetto alle società catanesi e messinesi che possono andare in Calabria, «noi come minimo dobbiamo prenderci una nave per Napoli. A prescindere dal solo risvolto agonistico il Comune non può che avere dei vantaggi con circa mille persone che arriverebbero a Palermo tra gli atleti e le loro famiglie, con un indotto notevole in termini di spese in alberghi e ristoranti. Potrebbe rientrare nel circuito internazionale e nazionale». La presenza oggi dei giovani esordienti è significativa. Sono «al primo anno di nuoto – racconta ancora Battaglia – costretti già alla prima manifestazione di nuoto a doversi recare a Ragusa con una distanza 550 chilometri e 400 euro di spese. Erano in 100 da Palermo, cioè 40.000 euro spesi. Abbiamo pure suggerito di contattare FIN Sicilia, Sergio Parisi, che ha già dati tecnici per Catania. Sarebbe anche auspicabile andare a vedere come hanno fatto a Napoli Scandone, dove hanno una vasca da 50 metri del 1960, per mettere il pontone in meno di un mese. Un’esperienza fresca fresca, di ottobre 2019».
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