Piano Rifiuti, ultimatum del ministero alla Regione «Decreto entro oggi». La replica: «Attendiamo Cga»

Anche a casa di Nello Musumeci e Alberto Pierobon, questa sera, il conto alla rovescia si terrà in modalità Covid. Pochi calici e il desiderio unanime di lasciarsi alle spalle un anno da dimenticare. Poco meno di mille chilometri più a nord, negli uffici, chiusi, del ministero dell’Ambiente, un’altra clessidra lascerà andare l’ultima manciata di granelli. L’ennesimo ultimatum lanciato alle Regioni, per regolarizzare il settore dei rifiuti, scadrà infatti a mezzanotte. La Sicilia ci arriva in una situazione particolare: qualche settimana fa, la commissione Ambiente ha votato, non senza qualche polemica, il piano regionale di gestione che nell’isola mancava praticamente da sempre. Tuttavia, a oggi, lo strumento che detta le indicazioni in merito ai fabbisogni di ogni ambito (le Srr che nel 2021, chissà, potrebbero trasformarsi in Ada) e stabilisce quali aree utilizzare per costruire gli impianti non è ancora entrato in vigore

Al ministero dell’Ambiente lo sanno per stessa ammissione dell’assessore Pierobon che poco prima di Natale ha scritto a Roma specificando che vanno definiti ancora alcuni passaggi. La legge che regola il settore – in attesa della riforma che valicherà l’anno aleggiando a sala d’Ercole, dove ieri si è discusso l’esercizio provvisorio – è la 9 del 2010 e prevede che «il piano regionale, le modifiche e gli aggiornamenti sono approvati, sentite le Province, i Comuni e le Srr con decreto del presidente della Regione». Per adesso la firma di Musumeci, stando a quanto compare sui siti istituzionali, non è ancora arrivata. 

Quello che potrebbe sembrare un cavillo rischia di complicare la vita al governo regionale in vista dell’avvio della nuova finestra di finanziamenti comunitari. Il ministero dell’Ambiente ha infatti ribadito che avere un piano vigente al 31 dicembre è condizione indispensabile per accedere ai Fondi di sviluppo e coesione 2021-2027. L’attenzione dell’Unione europea alla situazione dei rifiuti in Italia è storia nota e la Sicilia si trova in buona compagnia. In questo caso, però, il mal comune non è mezzo gaudio. La Commissione europea ha mandato l‘ultimo sollecito un paio di settimane fa e lo spettro di nuove procedure di infrazioni e contenziosi è sempre dietro l’angolo. «Da quello che ci risulta la Regione non ha risposto neppure a una nota che il ministero ha mandato a maggio scorso e in cui chiedeva di inviare proposte progettuali da finanziare proprio con i nuovi fondi Fsc», attacca Giampiero Trizzino, deputato cinquestelle da cui sono arrivate le principali critiche al piano, giudicato monco nella parte in cui non dice nulla sulle tecnologie da utilizzare e antiquato lì dove si basa su dati non sufficientemente aggiornati. «Abbiamo un governo regionale che da un lato non fa che annunciare la realizzazione di nuovi impianti pubblici e dall’altro rischia di perdere irrimediabilmente i finanziamenti», attacca Trizzino.

Dalle parti di viale Campania, dove ha sede l’assessorato regionale, gli animi però sono tranquilli. Anzi la convinzione è che la Sicilia sia la Regione che al momento si trova nella posizione migliore, avendo varato un piano di gestione che già risponde alle richieste provenienti da Bruxelles in merito di economia circolare. Dal dipartimento ai Rifiuti è stato risposto al ministero, specificando che se il decreto non è stato ancora firmato da Musumeci lo si deve semplicemente all’attesa del parere del Consiglio di giustizia amministrativa. Passaggio previsto dalla normativa regionale. «Utilizzando la procedura nazionale il piano sarebbe stato da tempo approvato con un semplice provvedimento amministrativo», si legge nella nota firmata dal dirigente generale Calogero Foti. Per quanto riguarda invece le proposte da finanziare è stata inoltrata una lista contenente una dozzina di impianti più una cinquantina di centri comunali di raccolta e altrettanti impianti di prossimità e di comunità

L’anno si accinge a chiudersi in maniera turbolenta non solo sul fronte politico. Nel mondo dell’associazionismo gli ultimi giorni hanno registrato prima l’entrata a gamba tesa di Legambiente, contro la decisione della commissione Via-Vas della Regione ha bocciato il progetto del colosso A2A, e martedì sera la nota congiunta con cui altre realtà dell’ambientalismo hanno difeso l’operato dell’organismo che collabora con l’assessorato al Territorio, sottolineando che la bocciatura dell’impianto per il biometano nella Valle del Mela è figlia soltanto dell’assenza di pianificazione da parte delle Srr. «Continuiamo ad assistere all’avallo di specifici progetti presentati da gruppi imprenditoriali e alla approvazione a priori di specifiche tecnologie di trattamento dei rifiuti», si legge nel comunicato firmato da Rifiuti Zero Sicilia, A.I.C Sicilia (Associazione Italiana Compostaggio), WWF Sicilia Nord Orientale, Generazioni Future Rodotà, A.D.A.S.C (Associazione per la Difesa dell’Ambientee della Salute dei Cittadini), MAN – Associazione Mediterranea per la Natura e Il Ramarro – Ecologia e Cultura.

Le associazioni, pur non citando mai Legambiente, hanno preso le distanze dalle parole pronunciate da Gianfranco Zanna, secondo il quale lo stop al progetto di A2A favorirà soltanto i gestori delle discariche. «Ritenendo che il problema della gestione rifiuti in Sicilia sia strettamente legato all’inosservanza delle leggi troviamo intollerabile che si protesti quando queste vengono rilevate e osservate», è la replica delle associazioni. A tenere banco sono anche le sponsorizzazioni da parte dei privati attivi nel settore della valorizzazione energetica dei rifiuti, di cui da qualche anno gode Legambiente. Una questione che Zanna, a MeridioNews, ha chiuso sostenendo che la linea dell’associazione non cambia e che i finanziatori trattano tecnologie che trovano il favore di Legambiente. «In Sicilia siamo ancora ben lontani dall’aver compreso la rivoluzione che attende di essere portata avanti nel mondo dei rifiuti nel rispetto dei principi della circolarità e del recupero di materia. Qui purtroppo – concludono le associazioni – non si fa ancora distinzione tra economia circolare ed economia (dei pochi) che circola».


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