«Piacere, Marta, precaria»

«Piacere, Marta, precaria.» Così si presenta, quasi asettica, la protagonista di “Tutta la vita davanti”, ad un incontro di sindacalisti parolieri. Affrontato con una splendida ironia che strappa sorrisi amari nella sua cinica esagerazione, il film, ispirato al libro “Il mondo deve sapere” della blogger Michela Murgia, è la storia di Marta (Isabella Ragonese), una giovane neolaureata in filosofia che si trova ad affrontare il mondo del lavoro completamente sola.

Introdotta in un call-center da una ragazza madre già centralinista (un’intensa Micaela Ramazzotti) che la assume come baby-sitter per la figlia, Marta avrà a che fare con una quotidianità totalmente estranea, fatta di balletti motivazionali e premi al miglior impiegato, ma anche di licenziamenti che hanno il sapore di eliminazione da un reality.

Sullo sfondo le vite di altri uomini e donne che trovano risposte e soluzioni diverse dalla protagonista, vivendo il loro dramma quotidiano con i mezzi concessi dalle loro esperienze. Il precariato è letto qui in ogni sfaccettatura, non fermandosi alla burocratica idea che tutto si snodi intorno al contratto e al silenzio dei lavoratori, come afferma il sindacalista interpretato dal bel Valerio Mastandrea, sognatore anacronistico di lotte di classe contro il padrone. In questa tragicommedia non si creano “buoni e cattivi” ma personaggi a tuttotondo, e persino i più spietati (come il presidente dell’azienda Claudio, interpretato da Massimo Ghini, o il capo-reparto Daniela, di una splendida Sabrina Ferilli) si mostrano umani sotto la loro scorza, e si può intravedere un girotondo di vite che concorrono ad un gioco di società perverso, nel quale tutti sono vittime e carnefici.

Troppo spesso senza rendersene conto, si diventa pedine, accecati dal bisogno o da una fortuna data per scontata. Esempio principe la figura di Lucio due (del magnifico Elio Germano), venditore compulsivo per nascondere la sua fragilità dietro ad una maschera di vincente senza scrupoli, il quale, solo in un secondo momento, diventa simbolo dello sfruttamento dei giovani sotto co.co.pro.

La forza della pellicola di Virzì sta nell’empatia che sa creare con il pubblico, tramite un meccanismo di reazioni, rapporti, prevedibilità e iperboli nel quale si muovono i protagonisti. È incredibile come il regista riesca ad accumulare tutti i sentimenti e le sensazioni provate, in un’ansia crescente sia nella protagonista che in sala. Il merito va anche alla magistrale interpretazione della bella Isabella Ragonese, al suo primo film da protagonista dopo una piccola parte in NuovoMondo.

Tutta la vita davanti, tutta l’angoscia dentro.

[Questa recensione è stato pubblicata su Inchiostro]

Marta Mangiarotti

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