«Deficit di 1,5 milioni di euro all'anno», spiega Luciano Modica, ex amministratore dell'azienda confiscata e a capo della cooperativa. «Massima disponibilità a trovare sinergie», assicura il direttore dell'azienda nel settore dei supermercati Giuseppe Spadaro
Per Geotrans «commessa da 150mila a 3000 euro al mese» Per il gruppo Radenza «nessun preconcetto, solo logistica»
Da 150mila a 3000 euro al mese. Una perdita importante di fatturato quella subita da Geotrans, la realtà che a febbraio da azienda tolta alla mafia è diventata cooperativa di lavoratori che continua a occuparsi di trasporto su gomma di merci. «Stiamo parlando di un deficit di oltre 1,5 milioni di euro l’anno – spiega a MeridioNews Luciano Modica, l’attuale presidente di Geotrans Coop che è stato l’amministratore giudiziario dell’azienda – che è cominciato da quando Coop Alleanza 3.0 ha ceduto i suoi punti vendita al gruppo Radenza». Per il gruppo Coop, Geotrans si occupava di effettuare i trasporti delle merci dalle piattaforme che si trovano fuori dall’Isola, in particolare nel Lazio. Con l’arrivo degli imprenditori siciliani, però, le cose sono cambiate: «Si è trattato di una necessaria riorganizzazione logistica», chiarisce al nostro giornale Giuseppe Spadaro, il direttore generale del gruppo Radenza che a gennaio ha acquisito la rete Coop e ai 250 punti vendita che avevano sull’Isola ne hanno aggiunti altri 12.
«Cerchiamo di sfruttare le piattaforme siciliane, avvicinando il fornitore al punto vendita – aggiunge Spadaro – per non sostenere i costi di trasferimento in Sicilia. In tutto questo chi ha pagato il peso della riorganizzazione logistica è Geotrans – ammette – ma noi dobbiamo necessariamente ottimizzare i costi e garantire gli 800 posti di lavoro che abbiamo assorbito». Insomma, una riorganizzazione generale che starebbe pesando soprattutto sulle spalle della cooperativa costituita dagli ex dipendenti dell’azienda confiscata alla famiglia mafiosa degli Ercolano e che era già stata trasformata in un modello di gestione da esportare. «Capiamo che per loro è cambiata la struttura e che la merce arriva direttamente dai venditori – commenta il presidente Modica che ha già rinunciato alla sua retribuzione ma è preoccupato di garantire gli stipendi ai lavoratori – ma nella fase di passaggio ci avevano assicurato che avrebbero mantenuto un certo flusso di commesse». E, invece, adesso si ritrovano sul conto una cifra incomparabile a quella precedente. L’ennesima questione con cui fare i contri tra le difficoltà di accesso al credito e la fuga da parte dei clienti storici dopo la confisca. «Altri grandi player della distribuzione organizzata hanno nei nostri confronti una assoluta chiusura, il che ci mette in grossa difficoltà», ammette Modica che negli anni di porte in faccia se ne è viste chiudere parecchie.
«Non conoscevamo la storia di Geotrans – afferma Spadaro – e non c’è nessun motivo che vada oltre le questioni pratiche: il grosso del lavoro che facevano è andato a scemare perché è cambiato l’assetto. Sfruttiamo la rete logistica dei fornitori che per noi genera più efficienza. E non esiste quasi più la lunga percorrenza – continua – i tragitti si sono ridotti da mille a 150 chilometri. Loro non erano nostri fornitori prima e dobbiamo anche dare garanzie al nostro parco mezzi». Un discorso da imprenditore che però assicura che «stiamo cercando di capire che tipo di sinergie diverse mettere in campo per collaborare con Geotrans – garantisce Spadato – Da parte nostra, c’è la massima disponibilità nel superare una difficoltà importante per loro ma un progetto imprenditoriale deve essere sostenibile». Il timore di Modica è che possa esserci «in generale, una sorta di preconcetto che speravamo si attenuasse con la nascita della cooperativa» che sta sul mercato in modo competitivo «ma senza che questo ricada sulle spalle dei lavoratori e senza risparmiare sui costi della legalità». Sulla base di questo, l’auspicio del presidente di Geotrans è che «ci sia un maggiore senso di responsabilità collettiva nei confronti di realtà come la nostra. Sarebbe bello se le altre aziende del territorio avessero l’orgoglio di lavorare insieme a noi per la nostra esperienza e per avere creato qui una impresa pulita». Trasformando quello che per anni era stato il fiore all’occhiello del clan mafioso Santapaola-Ercolano.