«Rivendichiamo tutte le battaglie politiche e non rinneghiamo niente di quanto affermato nel recente passato a proposito dei renziani e del loro modo di fare politica». A dirlo, in apertura dei lavori di questa mattina, è Antonio Rubino, dalla sua Agorà, la convention dei Partigiani Pd, la corrente siciliana del Pd nata all’indomani della débâcle elettorale dello scorso 4 marzo. Quasi una excusatio non petita, considerato che Rubino ha poi passato la parola al luogotenente di Matteo Renzi in Sicilia, il senatore Davide Faraone.
È successo anche questo ad Agorà. Dopo la discreta folla radunata ieri, dopo i quattro workshop tematici su scuola, lavoro, periferie e civismo democratico. Dopo lo stalking digitale sui social, in cui a distanza regolare di 5-10 minuti veniva pubblicata una foto, dopo il pressing su whatsapp, ecco che questa mattina è stato il giorno del silenzio. Una convention concentrata, ristretta, quella di questa mattina, in una saletta più piccola, in cui ci si poteva concentrare sull’elaborazione politica. Se a fare capolino ieri al Teatro Santa Cecilia era stato il capogruppo dem a Palazzo dei Normanni, Giuseppe Lupo (il cui asse con Antonello Cracolici si è evidentemente inclinato dopo la turbolenta direzione regionale del partito), ecco che questa mattina è stata la volta dell’intervento di Faraone.
Che la stagione congressuale sia entrata nel vivo è evidente. Così, se Faraone parla dal palco di Agorà, ecco che Luca Sammartino (a cui l’idea di diventare il successore di Fausto Raciti affascina non poco) si accomoda all’ultimo banco a destra della saletta in cui è in corso il dibattito, accompagnato dall’inseparabile Valeria Sudano. Ufficialmente, sembra che il deputato record di preferenze all’ombra dell’Etna (32mila alle ultime regionali) sarebbe passato soltanto per incontrare Faraone. Di fatto, i due renziani ex Articolo 4 sono rimasti a seguire il dibattito.
C’è un termine, in siciliano, che torna in mente mentre Faraone ripete alla platea di Rubino quello che sostanzialmente aveva detto dallo stesso teatro alla sua, di platea, nel corso della Leopolda sicula. Naschiare. Annusare, ma con una sfumatura differente. Perché nei preparativi del gran ballo delle debuttanti (che esattamente è quello che avviene nelle settimane che precedono un congresso Pd) bisogna capire a quale donzella inviare il bouquet. Così, ecco che Sammartino è andato ad osservare quello che avveniva nel quartier generale dei Partigiani Dem. Dove, seduti ad ascoltare, c’erano, tra gli altri, Fausto Raciti, Carmelo Greco, Fabio Teresi, Simone Di Trapani, Mario Meli, Ninni Terminelli.
Faraone torna sui temi nelle sue corde, parla dei nuovi linguaggi e dei social, dei modi e degli argomenti da usare «contro la propaganda di quelli lì (il governo Lega-5 Stelle)». Ammettendo ancora una volta che «quando si perdono le elezioni è evidente che c’è una classe dirigente che ha commesso degli errori», che quest’anno non c’è stata una sola Festa dell’Unità in Sicilia (da Napoli in giù, lo correggono dalla platea) e, guardando al congresso, che bisogna assolutamente «evitare di trasformarlo in una conta tra gruppi dirigenti».
Ma nei fatti, quella conta sembra essere già partita. Sammartino osserva. La furia di Cracolici è certamente da monitorare. Il nome di Baldo Gucciardi per la corsa alla segreteria viene pronunciato assai di rado. E quella che sembrava la candidatura da outsider di Antonio Rubino comincia, quantomeno, ad avere un suo peso specifico.
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