Gli scavi archeologici nella collina San Marco, nei pressi delle salinelle di Paternò, sono partiti. Si va alla ricerca delle terme romane. Scoperte per la prima volta nel 1998 nel corso di un precedente scavo, adesso dovrebbero essere riportate quasi del tutto alla luce. A effettuare gli scavi non sono solo normali archeologi, ma 130 studenti delle terze classi dell’istituto tecnico-economico G. Russo. I ragazzi fanno parte di un progetto destinato agli studenti delle scuole superiori e che vede la collaborazione dell’associazione Siciliantica, della soprintendenza ai Beni culturali e della Ragioneria di Paternò. Il progetto punta sui Beni culturali e sull’archeologia sperimentale, con l’obiettivo di dare vita a un’alternanza scuola-lavoro.
Per due settimane i giovani saranno portati alle salinelle di Paternò, nella collina di San Marco, dove effettueranno lo scavo. Successivamente, per altre tre settimane, saranno i volontari provenienti da tutta la Sicilia con l’associazione Siciliantica a completare il lavoro. Il cantiere, del resto, ha una duplice importanza. Da punto di vista scientifico è necessario evidenziare che nel 1998 sono state effettuate delle indagini che hanno fatto affiorare i muri di un edificio di almeno quattro vani, tutti riempiti dal durissimo fango vulcanico emesso dai vulcanetti vicini. I lavori hanno portato alla luce una sola delle quattro stanze, che poi è stata ricoperta perché, per mancanza di fondi, non è stato possibile proseguire. L’edificio termale si presentava completamente raso al suolo, tranne che per le fondamenta, consolidate dalle frequenti inondazioni di fango.
La maggior parte dei materiali rinvenuti si può datare tra il I e il II secolo d.C.. La costruzione della struttura è avvenuta in età imperiale e con gli scavi di oggi si tenta di liberare dal fango l’intero complesso. Con l’obiettivo di dimostrare l’ipotesi secondo la quale i romani possano aver sfruttato la geotermia derivante dalle Salinelle. Tutta la zona di San Marco, Pietralunga e Cappuccini vecchi, del resto, sono ricche di reperti. «Sono zone che sono state ricoperte di terra per preservarle – dice Daniela Midolo, archeologa – Non c’è in città una specifica coscienza civica, non ci si rende conto delle bellezze che ci sono a Paternò e che vanno dal Neolitico fino al Seicento».
L’altro aspetto da evidenziare è quello relativo all’idea di fare impresa attraverso l’archeologia. «Abbiamo due progetti in questo senso – specifica Giuseppe Barbagiovanni, presidente Siciliantica giovani – Il primo è quello denominato Beni culturali e impresa, che già da due anni ci vede impegnati. Per gli studenti sono previsti cinque anni di attività: nel primo anno ci si occuperà della parte preistorica; nel secondo della parte greca; nel terzo la parte romana e la simulazione di impresa per vedere se con l’archeologia si possono attivare processi di inserimento nel mondo del lavoro. Negli ultimi due anni, infine, ci si occupa della parte medievale e quella moderna». Il secondo progetto dell’associazione, invece, è quello partito in questi giorni, per la prima volta.
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