È stato necessario istruire quattro processi, un quarto di secolo, per giungere alla condanna degli esecutori materiali della strage di via D'Amelio, in cui persero la vita il giudice e agli agenti della scorta. Una ricorrenza amara, non potrebbe essere altrimenti, per le troppe tessere mancanti in una vicenda che segnerà la storia di tutto il Paese
Paolo Borsellino, 25 anni senza la verità Rita: «Preso in giro chi chiedeva giustizia»
«Cos’è cambiato in questi 25 anni? Che sono 25 invece di 24. Non ti basta questo?». Solo un anno di più. Rita Borsellino sfugge alle domande, persino le considerazioni sulla ricorrenza, il macabro compleanno, se vogliamo, di un attentato che in un colpo solo ha spazzato via vite e persone. Un attentato, quello di via D’Amelio appunto, che dopo un quarto di secolo non può fregiarsi ancora della verità. C’è una verità scritta nero su bianco, quella delle sentenze per il cosiddetto Borsellino quater, che già nel nome sottolinea il fatto che, tra condanne, assoluzioni e altre giravolte si siano dovuti istruire ben quattro processi per giungere alla condanna degli esecutori materiali. E al centro di tutto un falso pentito: Vincenzo Scarantino, che dopo 25 anni ha visto il suo reato andare in prescrizione – nonostante abbia contribuito alla condanna di sette persone rivelatesi poi innocenti – grazie al riconoscimento dell’attenuante di essere stato indotto a fare le false accuse.
Una prescrizione che potrebbe suonare come una beffa, ma che invece ci rivela incredibilmente importante se si pensa che tra le sue righe si riesce a intendere il riconoscimento da parte dei giudici nisseni del fatto che dietro Scarantino ci fosse qualcun altro che lo ha istruito a dovere. «Non so se ci sarà un altro processo, ma ci sono temi che devono essere ulteriormente sviluppati e l’esito del processo offre spunti per altri approfondimenti» ha dichiarato il procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone subito dopo l’esito del processo. Sul chi, però, vi fosse dietro i falsi pentiti, sembra ancora essere notte fonda. Un buio che Rita, sorella del magistrato ucciso dalla mafia, poco tollera. «Perché questi 25 anni non hanno portato alla verità? – domanda ironica – Perché 24, 23, 22, perché si è continuato a dire bugie, a costruire verità false, perché si è continuato a prendere in giro chi non chiedeva altro che un proprio diritto sacrosanto, quello della giustizia. Non è uno scoop e non si fa solo per il venticinquesimo anno».
«Non dite più che quest’anno sono 25, è una cosa che mi dà molto fastidio, ma che ha di diverso rispetto agli anni precedenti?» Prosegue la donna, ma al di là degli ergastoli a Salvo Madonia e Vittorio Tutino e delle altre pene inflitte, resta quel senso di vuoto lasciato dai troppi tasselli mancanti. «Anche questo è un anno uguale a quelli che lo hanno preceduto, dove giustizia non ce n’è – conclude Rita Borsellino – Allora speriamo che sia diverso il ventiseiesimo, nel senso che magari sarà l’anno in cui troveremo veramente la giustizia. Perché la giustizia c’è, il problema è che la dobbiamo trovare. Se ci credo ancora? Esiste il concetto di giustizia, esistono gli elementi per fare giustizia e noi li dobbiamo trovare e mettere insieme, è un gioco a incastro».