Paolo Borsellino 22 anni dopo e le “bugie nemiche pericolose delle verità”

PER QUEST’ANNO – A DIFFERENZA DI ALTRE COMMEMORAZIONI – NON DOVREMMO ASCOLTARE LE PAROLE DEI PROFESSIONISTI DELL’IPOCRISIA

Paolo Borsellino 22 anni dopo. Di sicuro c’è solo che il grande magistrato e gli uomini e le donne della sua scorta sono stati eliminati con una strage di Stato. Il resto, tutto il resto, è ancora oggi avvolto dalle nebbie.

Quest’anno l’anniversario coincide con la celebrazione, a Palermo, del processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Una parte dello Stato italiano cerca di scoprire una verità che un’altra parte dello stesso Stato del nostro Paese cerca ancora oggi di nascondere. Un macabro gioco delle ombre.

In mezzo a questa verità che emerge solo a tratti, strattonata un po’ di qua e un po’ di là, si staglia la figura di Borsellino, che 22 anni fa provava a tagliare la strada a chi poi l’ha fatto saltare in aria.

Diceva Nietzsche: “Le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose delle verità”. 

Se ci riflettiamo, da 22 anni, certe “convinzioni” hanno ostacolato, in tutti i modi, la ricerca della verità sulla strage di via d’Amelio. Più delle bugie, sono state “nemiche pericolose delle verità”.

Già, le anime “nemiche pericolose delle verità”. Alcuni uomini dello Stato, nel lungo processo sulla strage di via d’Amelio, sono riusciti a imporre, per lungo tempo, alcune convinzioni, poi rivelatesi sbagliate, che hanno condotto su un binario senza Giustizia la stessa Giustizia.

La musica non è cambiata quando, dopo vent’anni, qualcuno ha ritrovato la ‘memoria’. Chi era sopravvissuto all’ombra dell’oblio non ha gradito il ritorno della memoria: da qui tutta la tormentata storia delle intercettazioni al Quirinale, con l’ex Ministro Nicola Mancino – di cognome e di fatto – aggrappato al telefono…

Così, piange il telefono oggi, piange il telefono domani, sono arrivate di ‘convinzioni’ di altri giudici altolocati a staccare la linea telefonica: e il telefono del Quirinale, da allora, è silenzioso.

Poi ci sono le ‘convinzioni’ che accompagnano la storia dell’agenda rossa di Borsellino. Qualcuno l’ha presa. Qualcuno che sapeva. Qualcuno se n’è impossessato subito dopo la strage. Chi?

Se la strage di via d’Amelio è di Stato, beh, deve essere stato qualcuno non estraneo allo Stato: con riferimento, ovviamente, a quella parte dello Stato che sta provando a nascondere la verità su questa strage.

Nonostante tutto si va avanti. Nonostante i depistaggi. Nonostante i telefoni staccati. Nonostante i ladri di verità che ancora oggi imperversano nei gangli nodali di quello che resta – poco, in verità – del nostro Paese.

Il processo sulla trattativa tra Stato e mafia prosegue. Con ripetuti tentativi di gettare fango addosso a Massimo Ciancimino, che ha svelato ‘pezzi’ di quella verità per anni nascoste da certe ‘convinzioni’.

Si va avanti a fatica. La lotta tra i due Stati è impari.

Di buono c’è che, quest’anno – a differenza di quanto avviene per altre celebrazioni, dove tutti ‘celebrano’ – non sentiremo le voci dell’ipocrisia. A ricordare Paolo Borsellino, quest’anno, non ci dovrebbero essere i protagonisti delle “bugie nemiche pericolose delle verità”.

Già è una cosa. Almeno questo.


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