«Hanno rubato la vita ad Aldo. Non si può morire ballando». Queste le parole di Marta M., una delle organizzatrici della fiaccolata per ricordare il giovane medico ucciso nella notte tra venerdì e sabato nella discoteca Goa di Palermo dopo un’aggressione da parte di alcuni giovani. Marta era una collega di Aldo Naro. «Martedì scorso ci siamo abilitati alla professione di medico insieme. Ciò che si dice di lui in merito alle sue doti culturali sono assolutamente reali. Non sono le solite cose che si dice ad una vittima di aggressioni o altro», racconta la giovane dottoressa. L’appuntamento è mercoledì alle ore 18, nel teatro Al Massimo a Palermo, mentre un altro evento in ricordo si terrà a San Cataldo, suo paese d’origine.
L’evento si chiama Io sono Aldo Naro «ed è nato per non dimenticare il suo volto, quello che ha fatto e tutto ciò che aveva ancora da donare ai suoi pazienti. Aveva iniziato – ricorda Marta – un suo percorso di vita con la medicina. Nel suo piccolo è stato un grande. Probabilmente tra due giorni non se ne parlerà più di tutta questa storia. Ed è inaccettabile».
La giovane dottoressa apre una parentesi sulle indagini che da giorni gli investigatori portano avanti per dare un volto all’assassino. «Spero che questo locale venga chiuso per sempre. Ho visto altre scene poco dignitose all’interno di questo club. Gente che stava male sbattuta fuori il locale, oppure branchi di ragazzi che cercavano continuamente la scintilla per scatenare la rissa. Questa volte le cose sono andate molto peggio. E’ morto un ragazzo. Come è possibile – prosegue Marta – che nessuno abbia fermato questo simile orrore? La mia generazione è vigliacca. Ognuno pensa a se stesso. La colpa di questa morte non deve essere attribuita soltanto al gruppo che ha aggredito Aldo, ma anche ai buttafuori ed alla gestione della serata. Spero che almeno questa volta la giustizia Italiana punisca davvero i colpevoli. Anche se in Italia non siamo abituati a giuste sanzioni criminali».
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