Palermo-Catania, il vero incubo di Halloween «L’unico modo per tornare a casa? A famigghia»

L’Italia non è un Paese per distratti. Se ti distrai, sei fregato. Soprattutto se sei distratto in Sicilia e per caso devi tornare a casa a Catania da Palermo e ti sei fatto anche confondere da mille chiacchiere post crollo di tratto autostradale su trazzera sì, trazzera no, aereo forse e treno sicuramente. E così finisci per fidarti e affidarti a Trenitalia e a passare la sera del 31 ottobre catapultato dentro un incubo senza avere avuto alcuna intenzione di festeggiare Halloween.

Organizzare un’andata e ritorno Catania-Palermo in giornata sembra un’impresa che neanche Omero quando ha scritto l’Odissea. Così, dopo quattro ore in auto con un amico all’andata, quando con tre click riesci a comprare il biglietto del ritorno sul sito di Trenitalia ti senti al sicuro e pensi che finalmente ci stiamo evolvendo, nonostante il treno comunque impieghi l’equivalente di un volo Catania Londra.

Una piacevole sensazione che è svanita all’arrivo in stazione, dove ho realizzato che il mio treno non c’era. Sarà un ritardo, al solito, ho pensato. Comincio a chiedere informazioni e tra le tante frasi confuse qualcuno mi dice che il treno delle 19.38 non c’è e non parte già da 15 giorni. Non ci potevo credere neanche quando me lo hanno confermato in biglietteria. E neanche quando ho telefonato al call center di Trenitalia per chiedere com’era possibile, visto che Trenitalia mi ha permesso di comprare tranquillamente il biglietto sul suo sito senza neanche un avviso lampeggiante, un asterisco o una scritta minuscola che mi avvertisse che la tratta non era attiva e che mi toccava un bus sostitutivo fino a Caltanissetta e poi da lì il treno per Catania. Questo a quanto mi dice l’operatore, che mi dimostra tutta la sua comprensione con un «certo, può fare un reclamo comunque».

I tempi si allungano ma l’importante è tornare a casa. Con questo pensiero arrivo in piazza Cupani per scoprire che per il treno delle 19.38 non è previsto l’autobus. Allora penso che l’unica alternativa è prendere il treno via Messina e arrivare ancora più tardi. E pagare un nuovo biglietto. Vergognoso, ma pazienza. Ed ecco che mia moglie, da sola a casa con mio figlio neonato in piena allerta meteo, mi riporta alla realtà: «Guarda che non sei a Londra, sicuro che c’è il treno Messina-Catania?». Infatti, non c’è. Ma un autobus notturno ci sarà, penso io, l’illuso. 

Insomma, siamo in Sicilia e dopo le 20 non ci sono collegamenti tra la città dello Stretto e quella etnea. A stento c’è la strada, frane permettendo. Roba che nel Medioevo ci si spostava con più facilità, perché uno scecco era sicuramente più affidabile di Trenitalia. Nel 2015 invece mi tocca arrivare da Palermo a Messina a mezzanotte e l’unico modo per raggiungere casa è che i tuoi genitori settantenni ti vengano a prendere. Perché qui l’unica cosa su cui si può fare affidamento, come diceva mio nonno, è a famigghia, nel senso buono e legale del termine.

Domani, 2 novembre, la tratta ferroviaria tra Palermo e Caltanissetta dovrebbe riaprire.


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