Il primo round è del Palermo. Il richiamo ad un’immagine della boxe si ‘sposa’ bene con i contenuti della gara che i rosanero hanno vinto 1-0 al Barbera contro l’Avellino nell’andata del primo turno della fase nazionale dei playoff di serie C. Una sfida molto spigolosa nella quale, appunto, le due squadre se le sono date senza esclusione di colpi e in cui l’arbitro ha dovuto ‘sudare’ per gestire una situazione che dal punto di vista disciplinare più volte stava per sfuggirgli di mano. Due, in particolare, i momenti in cui il nervosismo ha preso il sopravvento: un’ampia porzione del primo tempo (la miccia, in questo caso, l’ha accesa un duello proibito tra il difensore rosa Marconi, già ammonito, e l’attaccante Fella) e subito dopo il triplice fischio finale con i titoli di coda del match macchiati da una rissa (espulso Baraye che durante i 90 minuti era rimasto in panchina) alimentata da un gesto antisportivo – stigmatizzato in campo dal difensore palermitano Accardi – del tecnico Braglia.
In preda alla rabbia per la mancata espulsione a Marconi (che l’allenatore dei campani protesti per quello che ritiene un torto subìto rientra nel gioco delle parti ma cosa dovrebbe dire il Palermo pensando al difensore Laezza graziato nel primo tempo dal direttore di gara per una manata volontaria a Saraniti?) e soprattutto per il rigore concesso ai padroni di casa al 41’ della ripresa per una trattenuta di Dossena ai danni di Broh e trasformato con freddezza da Floriano subentrato al 60′ a Saraniti, prima di dirigersi verso il tunnel che porta agli spogliatoi l’allenatore biancoverde ha rifiutato il saluto del centrocampista italo-ivoriano (protagonista secondo Braglia di un’esultanza eccessiva al termine del match) scelto da Filippi al posto dello squalificato Luperini come partner in mediana di De Rose, in evidenza ancora una volta con una prestazione positiva condita da tanta esperienza e da quella grinta necessaria in questo tipo di contesti.
In una giornata emotivamente molto particolare in virtù della commemorazione della strage di Capaci ricordata allo stadio sia con l’interruzione del gioco alle 17,58 sia – grazie alla sinergia tra il Palermo e Addiopizzo – tramite la presenza sugli spalti di diversi lenzuoli bianchi dal forte impatto simbolico e lo striscione Capaci non dimentica in aggiunta ai tradizionali messaggi pro-Palermo del tifo organizzato come ‘Fieri di ciò che siamo senza paura combattiamo’ esposto in Curva Nord Superiore e in sintonia con le manifestazioni di affetto che prima della partita hanno accompagnato tra cori, fumogeni e fuochi di artificio il pullman della squadra nel tragitto albergo-stadio, la notizia più bella per la compagine di Filippi è sì la vittoria ma soprattutto il modo in cui è stata ottenuta. Con la testa e da squadra matura che sa ciò che vuole. Non era facile affrontare alla pari un Avellino piazzatosi al terzo posto in classifica (con lo stesso numero di punti del Catanzaro secondo), competitivo e ben strutturato nonostante l’involuzione accusata nell’ultimo segmento della regular season come dimostrano anche le cinque trasferte di fila ‘a porta aperta’ prima di questa sfida al Barbera e invece il Palermo, intenzionato anche a riscattare la doppia sconfitta rimediata in campionato contro i Lupi, ci è riuscito. Azzeccando, contestualmente, l’approccio alla gara e – anche con il supporto della dea bendata visibile in occasione del palo colpito nel finale da Ciancio sugli sviluppi di una punizione – l’interpretazione dei vari momenti dell’incontro.
Con il rumore di sottofondo di un elicottero chiamato a domare un incendio divampato sul costone roccioso di Monte Pellegrino, la gara contro gli irpini (in campo con un 3-5-2 e privi dello squalificato Miceli) ha confermato che il Palermo è una squadra in salute. Solo un gruppo che sta bene sia fisicamente che mentalmente – e ad un certo punto, coinciso con l’impiego di Kanouté nel ruolo di falso nueve come mercoledì a Castellammare di Stabia, anche senza il contributo di diversi giocatori potenzialmente determinanti alla luce delle assenze degli infortunati Lucca e Rauti o dell’uscita dal campo di elementi come Santana e Saraniti – poteva contenere l’onda d’urto degli avversari (minacciosi in un paio di circostanze nella seconda parte del primo tempo), resistere sul ring agli effetti di quella che è stata una vera e propria battaglia e, nonostante l’equilibrio di un incontro molto tirato e privo in generale di grandi occasioni da gol, creare le premesse per la vittoria. Che non fa rima con qualificazione al turno successivo ma che, in vista della gara di ritorno, anche se leggermente sposta comunque l’ago della bilancia dalla parte dei rosanero in virtù di due risultati su tre a disposizione della formazione guidata da Filippi.
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