«Un commando composto dai fratelli Graviano, da Sinacori e altri componenti delle cosche palermitane e trapanesi era a Roma - ha spiegato questa mattina il pm Paci in conferenza stampa - per colpire non solo Falcone, ma anche l'allora ministro Martelli, oltre a personaggi del giornalismo e dello spettacolo come Costanzo, Santoro, Barbato e lo stesso Pippo Baudo»
Ordinanza di custodia cautelare per Messina Denaro «Mandante delle stragi di Capaci e Via D’Amelio»
Il super latitante Matteo Messina Denaro è ritenuto mandante delle stragi di Capaci e via D’Amelio, per questo ieri il gip di Caltanissetta ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti. L’ordinanza è stata affidata dalla Dda di Caltanissetta alla Dia per l’esecuzione. Il provvedimento cautelare segue le ordinanze emesse tra 2012 ed 2013 dallo stesso Ufficio Gip nei confronti di vari appartenenti a Cosa Nostra ritenuti responsabili delle stragi del 1992.
Il ruolo di mandante di Matteo Messina Denaro degli attentati ai giudici di Palermo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi nel ’92, emerge da più collaboratori che negli anni hanno raccontato, ad esempio, che il latitante trapanese reggeva Cosa nostra della sua provincia al posto del padre, il capomafia Ciccio Messina Denaro. Come raccontato più volte dai pentiti Vincenzo Sinacori e Francesco Geraci, Messina Denaro avrebbe preso parte, a settembre del 1991, al summit mafioso di Castelvetrano in cui sarebbe stato pianificato il progetto di assassinare Falcone. Alla riunione c’erano anche boss come Totò Riina, lo stesso Sinacori, e Giuseppe Graviano. Inoltre, raccontano più pentiti, Messina Denaro partecipò alla “missione” del commando che avrebbe dovuto assassinare Falcone a Roma a fine febbraio del 1992. Il progetto fallì e mesi dopo il capomafia trapanese tornò nella Capitale per riprendere le armi che si sarebbero dovute usare per l’omicidio. Il latitante di Castelvetrano, come riferito da diversi collaboratori di giustizia trapanesi, aveva poi progettato l’assassinio di Borsellino fin da quando questi era procuratore di Marsala. Da qui anche l’accusa di mandante della strage di via d’Amelio. Anche il ruolo di un altro padrino, Salvino Madonia, nelle stragi del ’92 è emerso a distanza di anni dall’avvio delle indagini. La Procura di Caltanissetta, che da 2008, dopo il pentimento di Gaspare Spatuzza, sta cercando di riscrivere la verità sui due attentati ha messo insieme gli elementi raccolti individuando mandanti ed esecutori materiali rimasti per lungo tempo impuniti.
Da uno di passaggi dell’ordinanza di custodia cautelare emerge che Totò Riina, nei colloqui in carcere con il boss della Sacra corona unita Alberto Lorusso, si vantava di avere formato Matteo Messina Denaro dal punto di vista criminale. Ad affidarglielo sarebbe stato proprio il padre, il boss Ciccio Messina Denaro
A svelare alcuni retroscena, nella conferenza stampa questa mattina in Procura a Caltanissetta, l’attuale procuratore facente funzioni Lia Sava e l’aggiunto Gabriele Paci «Il coinvolgimento di Matteo Messina Denaro nelle stragi del ’92 incarna il progetto della strategia stragista unitaria messa in atto da Cosa nostra – ha detto Sava -, il gip scrive a chiare lettere che era ‘prono’ e quindi completamente disposto a eseguire gli ordini di Riina, che voleva eliminare i nemici di Cosa nostra. Per questo, infatti, vengono uccisi i boss Caprarotta e D’Amico che si opponevano al progetto di guerra allo Stato voluto da Riina».
«Nel ’92 Totò Riina lavorava su due fronti: a Roma e a Palermo – ha detto il procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci -.Un commando composto dai fratelli Graviano, da Sinacori e altri componenti delle cosche palermitane e trapanesi era a Roma – ha spiegato Paci – per colpire non solo Giovanni Falcone, ma anche l’allora ministro Claudio Martelli, oltre a personaggi del giornalismo e dello spettacolo come Costanzo, Santoro, Barbato e lo stesso Pippo Baudo, che si erano messi in prima fila contro la mafia. I killer, appostati vicino al Ministero della giustizia non erano riusciti ad avvicinarsi a Falcone o Martelli, ma avevano la possibilità di commettere un attentato con l’esplosivo a danno di Maurizio Costanzo. Una seconda squadra – ha aggiunto – composta da componenti delle famiglie palermitane di San Lorenzo, Noce e Porta Nuova era incaricata di preparare un attentato a Falcone o in autostrada o in via Notarbartolo dove abitava. Riina bloccò il progetto di attentato a Costanzo perché non era un bersaglio primario e diede ordine che si lavorasse all’obbiettivo più importante, Giovanni Falcone»