Alla lettura della sentenza di condanna in aula è scoppiato il finimondo. I carabinieri sono stati costretti a barricarsi con i magistrati e la moglie della vittima, alla quale non sono state risparmiate preoccupanti minacce: «Mi hanno detto che mi troveranno e mi scioglieranno nell'acido»
Omicidio Zito, imputati condannati: scoppia il caos Aggredito il pm, la vedova: «Vogliono ucciderci»
Dopo ore di camera di consiglio, è arrivata la sentenza: condannati a 30 anni Maurizio Pirrotta, a 27 Pietro Mazzara, accusati dell’omicidio di Antonino Zito – avvenuto con un colpo di pistola alla testa – e di averne poi distrutto il cadavere bruciandolo. Cinque anni invece per Carmelo Ferrara, imputato per favoreggiamento. Alla lettura della sentenza in aula è scoppiato il caos. Alcuni famigliari degli imputati si sono scagliati fisicamente contro il pm Maurizio Bonaccorso, che sarebbe anche stato raggiunto al volto da un pugno. Momenti di reale panico, i carabinieri hanno avuto difficoltà a contenere la situazione. «Siamo chiusi dentro al tribunale. Mi hanno detto che mi devono sciogliere nell’acido e che i miei figli me li devono sfracellare» dice fra le lacrime Rosa Anaclio, la vedova. «Volevano ammazzare le mie figlie, non so cosa fare. Io non ho paura di morire, ma i miei figli non deve toccarli nessuno». Ma non è vero che non ha paura, Rosa. E malgrado la credibilità che si è guadagnata fra i magistrati e la soddisfazione ottenuta con le condanne di oggi, per un attimo si scoraggia. Ma ritrova subito la forza e la dignità che l’hanno contraddistinta in questi anni: «Lo sapevano che erano stati loro. Sono persone senza scrupoli, capaci di tutto. Mi troveranno e mi faranno finire male – dice ancora – Però io non sono pentita, lo giuro. Ho lottato per mio marito e per le mie figlie. Per loro ho rotto questo muro di omertà».
Il fatto risale al 18 dicembre 2012, il corpo è stato ritrovato il giorno dopo abbandonato in contrada Spedalotto Valdina, fra le campagne di Santa Flavia. L’accusa aveva chiesto l’ergastolo per gli imputati che hanno ricevuto le pene più dure, ritenuti gli esecutori materiali del delitto, e quattro anni e mezzo per Ferrara. È nel suo chioschetto di bibite, dato anch’esso alle fiamme, che si presume sia avvenuto l’omicidio. Zito era stato visto l’ultima volta proprio lì dalla sorella Angela. La vedova, che in questi anni non ha perso occasione per far sentire la propria voce, ha spiegato sin da subito che la morte del marito poteva essere legata al mondo della droga. Zito, infatti, negli anni precedenti alla sua morte era entrato e uscito più volte di galera per spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione e rapina.
Anaclio, costituitasi parte civile e rappresentata dalla legale Monica Genovese, è sempre stata convinta del coinvolgimento dell’imputato Mazzara nell’omicidio del marito, per via di alcuni diverbi fra i due uomini legati al controllo della piazza di Bonagia per il traffico della droga. Qualche ora prima della sentenza la donna si era sfogata: «Oggi mi aspetto giustizia. Lo spero con tutto il cuore – dice a MeridioNews – Sono anni che lotto per mio marito e per i miei tre figli». Si interrompe, piange. Suo marito è morto da tre anni e sette mesi, ma lei non ha ceduto mai alla rassegnazione. «Io credo nella giustizia. E devo credere anche che mi ascolterà, altrimenti non saprei più a cosa aggrapparmi» conclude.