Doveva essere un giorno di festa, quel 5 agosto 1989. Era un sabato di sole come questo lunedì, forse solo meno caldo. Ad aspettare Nino Agostino e la moglie Ida Castelluccio, che ha sposato solo un mese prima ed è incinta di una bimba, c’è la famiglia di lui pronta a festeggiare il compleanno di una delle figlie. Non manca niente, non manca nessuno. Sono appena scesi dall’auto e con pochi passi sono già davanti al cancello di quella villetta a Villagrazia di Carini. Solo che alla festa che li aspetta, quel giorno, non arriveranno mai. A fermarli sono i proiettili sparati dai killer di Cosa nostra. Lui viene investito da una pioggia di pallottole, se ne va in pochi minuti, a soli 28 anni. Lei, invece, ne ha solo 19, la uccide un unico colpo, che le dà il tempo di strisciare verso Nino, steso a terra, e avvicinarsi a lui. Il rumore degli spari sorprende la famiglia, che corre fuori, appena in tempo per vedere quello che sta succedendo. Immagini che cambieranno per sempre il corso delle loro vite.
«Di quel giorno purtroppo ricordo tutto», confessa Nunzia Agostino, una delle sorelle di Nino. Ci sono due episodi, però, che più di altri riaffiorano più di frequente nella sua memoria. «Subito dopo l’omicidio mia madre si preoccupò di portare Ida al pronto soccorso di Carini con un vicino, non si era resa conto che Nino fosse morto e ci chiese di prendere un’altra macchina per accompagnare suo figlio». Madre e figlia si rivedranno solo qualche ora più tardi, in quel pronto soccorso dove nessuno ha potuto fare niente. «Il corpo di mia cognata era “buttato” nudo senza rispetto sopra una barella – ricorda dolorosamente Nunzia -. Mia madre mi chiese dove fosse Nino, dal mio sguardo capì che era morto. In quello stesso istante gli occhi di mia madre si sono spenti per sempre». Da quel momento sparirà dal suo viso anche ogni traccia del suo sorriso, e il suo volto, divenuto uno dei simboli più importanti in quella lotta per ottenere verità e giustizia durata tutta la sua vita, sarà drammaticamente contraddistinto da una sorta di sorriso triste all’in giù.
«Di notte il corpo di Nino venne trasferito nell’obitorio del cimitero di Carini. Lo misero sopra una lastra di marmo, appena entrata lì vidi il suo sangue che cadeva dentro un catino che qualcuno aveva messo sotto la lastra di marmo. Mi sono sentita mancare – ricorda ancora Nunzia, rivivendo quel momento -, mia madre si avvicinò a me per coprirmi gli occhi. Voleva proteggermi, lei stava affrontando il dolore più grande del mondo e pensava a me». È una lunga notte, quella che segue dopo l’omicidio di Nino e Ida. Una notte che non è mai passata, nemmeno dopo 30 anni. Omissioni, buchi, menzogne e un fascicolo d’indagine su cui è apposto, ancora oggi, il segreto di Stato non hanno permesso di rivedere la luce. È tutto buio da allora. Non ci sono nomi, non ci sono volti, non ci sono killer, non ci sono mandanti. C’è solo Nino coi suoi 28 anni che non diventeranno mai i 58 che sarebbero oggi. Nino agente di polizia, Nino membro del Sisde, Nino cacciatore di latitanti. Lo stesso a cui Giovanni Falcone dice di dovere la vita. Tra le poche cose certe, infatti, c’è il legame tra il fallito attentato al magistrato nella sua villa dell’Addaura, solo due mesi prima, e l’omicidio dell’agente Agostino.
«Della verità nell’immediatezza dell’omicidio e negli anni successivi ne hanno fatto uno scempio – torna a dire Nunzia -. Il lungo cammino dei miei genitori in tutta Italia per impedire che sull’omicidio cadesse il silenzio. Gli anni di impegno per spalare il fango che periodicamente tentavano di buttare addosso ai nostri cari, le porte sbattute in faccia ai miei genitori da parte delle istituzioni. Abbiamo sentito cose da parte di certi personaggi proprio del mondo delle istituzioni che ci hanno fatto più male dell’omicidio stesso. Malgrado tutto questo, che è solo una piccolissima parte di quello che abbiamo vissuto, attendiamo ancora di sapere i nomi dei mandanti, quelli degli esecutori e le ragioni che determinarono l’omicidio di Nino, Ida e della loro bambina».
Una delle ultime vicende, a livello giudiziario, ha visto nuovamente protagonista suo malgrado Guido Paolilli, all’epoca dei fatti collega e amico dell’agente Agostino, che fu tra i primi a indagare. È uno dei fedelissimi di Arnaldo La Barbera, che lo fa tornare a Palermo malgrado sia da anni ormai alla questura di Pescara, per seguire quella famosa pista passionale che non porterà mai a niente. Indagato in passato per favoreggiamento in concorso aggravato, le accuse contro Paolilli sono poi cadute in prescrizione. Ma la famiglia Agostino ha chiesto di poter saldare quel conto rimasto aperto, citando l’ex poliziotto, responsabile di aver distrutto alcuni importanti documenti custoditi a casa di Nino. Una scelta che, già a poche ore dal delitto, aveva inevitabilmente segnato l’intera indagine. Fino alla totale assenza di verità patita ancora oggi, dopo 30 anni da quel maledetto sabato. Per non parlare di quei protagonisti che ormai non potranno mai più chiarire nulla, come Giovanni Aiello alias faccia da mostro, morto due estati fa sulla spiaggia di Montauro. O i due unici indagati per l’omicidio, poi archiviati, Gaetano Scotto e Antonino Madonia, che per l’avvocato della famiglia Agostino Fabio Repice dovrebbero essere processati.
«Per la prima volta da allora la mia adorata moglie non ci sarà e questo renderà ancora più doloroso il triste anniversario. Con mia moglie avevamo pensato di organizzare un convegno per ricordare il sacrificio dei nostri cari, ma senza lei niente ha più senso per me», ha commentato poco tempo fa Vincenzo Agostino, papà di Nino, ricordando la moglie Augusta Schiera scomparsa da poco senza conoscere la verità su quello che è accaduto al figlio 30 anni prima. La giornata di oggi si articolerà attraverso due momenti: ci sarà una messa nella chiesa di San Gaetano a Brancaccio; ma prima, verrà deposta una corona di fiori a Villagrazia di Carini, dove sorge una lapide commemorativa che ricorda Nino, Ida e la loro bambina. Sorge sul lungomare, circondata da sabbia finissima e da un giardino rimesso in sesto proprio in questi giorni dall’iniziativa spontanea dei residenti del posto e della Consulta giovanile di Carini, che ha lanciato un appello per coinvolgere tutti, ottenendo il supporto dei volontari dell’associazione La foresta dei sogni e del gruppo Va scupati u mari.
La Consulta è un organo istituzionale di rappresentanza giovanile del comune di Carini, composto solo da giovani carinesi. L’iniziativa lanciata sabato si aggiunge a quella già avviata dall’amministrazione comunale, che ha contattato una ditta per pulire il lungomare di Carini. «Per la Consulta è importante dare il proprio contributo per dare prova a tutta la cittadinanza che i giovani di Carini vogliono entrare in azione per la salvaguardia dell’ambiente e affrontare le questioni legate alla lotta contro la mafia – raccontano i volontari -. Riguardo a quest’ultima siamo consapevoli che sia ancora presente nel nostro territorio, dato che solo a giugno sono stati arrestati degli estorsori, che non erano mai stati denunciati dalle vittime». Non una semplice giornata di pulizia e impegno, insomma, quella che ha preceduto l’anniversario di oggi, ma un modo per «trasmettere ai giovani e alle generazioni future la conoscenza e la memoria del sacrificio dell’agente Antonino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio». Un’iniziativa che non finirà all’indomani del 5 agosto, ma che vedrà i giovani della Consulta impegnati a verificare periodicamente lo stato della lapide e del giardino.
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