Nesima, il Comune sfratta la Croce rossa «Grave, la politica vera lo avrebbe impedito»

«Hanno sparato sulla Croce Rossa». Più che arrabbiato è amareggiato Giovanni Fodale, presidente della municipalità catanese che comprende i quartieri di Nesima e Monte Po. Ha appreso per caso, negli scorsi giorni, che il presidio Cri nel territorio da lui gestito è stato smantellato. O meglio sfrattato. Dal Comune di Catania, proprietario dell’immobile in via Riccardo Felici dove l’associazione aveva sede da nove anni. «Un contenzioso lungo e dovuto al mancato pagamento di alcune mensilità – spiega Fodale – Ma, al di là della questione legale, si tratta di una grave sconfitta per il quartiere». Dalla Cri nessuno commenta e il trasferimento – in nuovi locali in via Etnea – è stato fatto durante il mese di agosto, senza polemiche.

«Nessuno ufficialmente ne ha parlato – spiega Fodale – ma la politica, quella con la p maiuscola, avrebbe dovuto impedirlo». Perché a Nesima la Croce rossa era indispensabile secondo presidente e consiglieri. «Il nostro è un territorio periferico, con sacche di indigenza e delinquenza minorile – commenta – Sulle quali intervenivano i volontari Cri». Prestando assistenza gratuita ai cittadini della municipalità e non solo. Una collaborazione che stava per raggiungere un nuovo obiettivo: «Avevamo in cantiere un progetto insieme – racconta Fodale – Volevamo aiutarli, tramite sponsor e l’apporto personale dei consiglieri, a utilizzare due scooter nuovi, equipaggiati con sirene e mai utilizzati per mancanza di fondi». Sarebbero serviti per la distribuzione di medicinali ai cittadini di Nesima economicamente in difficoltà e agli anziani. «Io ho qui tutto nero su bianco – continua dispiaciuto il presidente – Ma credo che adesso sarà difficile far partire il piano». Via Etnea, nuova sede dell’associazione, è troppo distante.

«Noi chiediamo un gesto di buona volontà a chi sta più in alto, anche se sappiamo che sarà difficile». La Cri ha infatti già riconsegnato i locali ufficialmente. «Qui nella municipalità abbiamo diversi immobili vuoti e varie associazioni che sarebbero disposte a lavorarci dentro – lamenta Fodale – Ma non possono perché dovrebbero comunque pagare. E noi intanto li teniamo vuoti e chiusi». C’è Manitese, ad esempio, che già lavora nel vicino quartiere di Monte Po. Ma non può permettersi le spese di affitto di un altro locale a Nesima. «Il Comune non può solo fare il conto del dare e avere – conclude Fodale – Qui c’è di mezzo il sociale».

[Foto di Lorenz84]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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