L'eurodeputata del Pd Michela Giuffrida ha incontrato i sopravvissuti della strage nel Canale di Sicilia che al momento sono ospiti del Centro d'accoglienza per richiedenti asilo. «All'inizio ci hanno detto che eravamo 800 - hanno raccontato - ma a poco a poco siamo diventati più di 900, stipati su tre livelli»
Naufragio, visita ai superstiti al Cara «Consapevoli di essere miracolati»
Da due giorni sono ospiti del Cara di Mineo: 22 dei 28 superstiti del naufragio a largo della Libia sono stati portati al centro richiedenti asilo già la stessa notte in cui sono giunti al porto di Catania. Oggi hanno ricevuto la visita dell’eurodeputata del Partito democratico, Michela Giuffrida. Accompagnata dai mediatori culturali e dal direttore del Cara, Sebastiano Maccarrone, l’ex giornalista ha incontrato i migranti che hanno risposto alle sue domande.
«Siamo stati picchiati e maltrattati – racconta un giovane della Costa d’Avorio, scappato dalla guerra nel suo Paese – molti di noi non avevano mai visto il mare, avevamo paura ma non potevamo fermarci».
Le risposte date all’europarlamentare a proposito del numero di migranti che viaggiavano sul barcone che si è rovesciato concordano con le testimonianze raccolte in queste ore dagli inquirenti, che hanno interrogato sia i superstiti adesso ospiti nel Cara, sia i quattro minorenni che sono stati trasferiti al centro La Madonnina di Mascalucia. «All’inizio ci hanno detto che eravamo 800 – hanno raccontato a Giuffrida – ma a poco a poco siamo diventati più di 900, stipati su tre livelli». Stando a questi numeri, i morti quindi sarebbero circa 900.
Confermata anche la collisione che ci sarebbe stata con il mercantile che li ha soccorsi. «La stiva – spiega uno dei sopravvissuti – non era chiusa a chiave, ma quando si è rovesciata l’imbarcazione, l’acqua ha bloccato l’ingresso». Per questo centinaia di persone sarebbero rimaste intrappolate e hanno trovato la morte. Versione che, in questo caso, differisce dalle altre raccolte negli ultimi due giorni: diversi superstiti hanno infatti riferito che gli scafisti avrebbero chiuso a chiave il livello inferiore per evitare che chi stava dentro potesse uscire. Sulla base di quest’ultima circostanza, la Procura di Catania contesta al presunto comandante del barcone, il tunisino 27enne Mohammed Alì Malek, anche il reato di sequestro di persona, oltre che il naufragio, l’omicidio colposo plurimo e il favoreggiamento all’immigrazione clandestina.
«Hanno la piena consapevolezza di essere dei miracolati e di essere vivi solo perché stavano nella parte superiore della barca a differenza di donne e bambini che erano chiusi nella stiva», spiega Michela Giuffrida.
Il Comune calabrese di Riace, dove ha sede uno Sprar che è diventato un centro all’avanguardia e modello per gli altri, si è offerto di ospitare i migranti sopravvissuti e che attualmente sono ospiti del Cara di Mineo.