«Solo fumo negli occhi, il governo resta schierato dalla parte degli Usa e del Muos». L’attacco alla delegazione siciliana del Movimento 5 stelle – e indirettamente ai vertici del governo nazionale, a partire dalla ministra per la Difesa Elisabetta Trenta – arriva dai legali del movimento No Muos, Dario Pruiti e Luigi Cinquerrui. I due avvocati parlano all’indomani dell’annuncio da parte di Giampiero Trizzino – parlamentare cinquestelle all’Ars – dell’assenza dell’Avvocatura dello Stato in occasione della nuova udienza davanti al Cga, per rimettere in discussione la sentenza con cui lo stesso organo amministrativo nel 2016 aveva dichiarato legittimo l’iter che aveva portato all’autorizzazione dell’impianto satellitare statunitense a Niscemi.
«La notizia, tanto acclamata, dell’annunciata assenza dell’avvocatura dello Stato potrebbe addirittura rivelarsi un boomerang contro i No Muos – si legge in una nota dei due legali -. Si tratta della cronaca di un nulla di fatto ottenuto dalla delegazione siciliana rispetto alle posizioni già assunte dal ministero». Il riferimento di Pruiti e Cinquerrui va alla memoria che il ministero della Difesa, tramite l’Avvocatura dello Stato, ha già depositato nei mesi scorsi. Nel documento si chiede ai giudici di rigettare i ricorsi presentati contro la sentenza del Cga. Una posizione che ha portato gli attivisti No Muos ad accusare il Movimento 5 stelle di avere tradito le promesse fatte in campagna elettorale, e negli anni in cui il partito oggi guidato da Luigi Di Maio si dichiarava apertamente No Muos.
A essere tirato in ballo nei giorni scorsi era stato Trizzino, tra i deputati che più in passato hanno reso noto la propria posizione contro l’impianto. Il deputato, dopo avere assicurato di non avere cambiato idea, ha promesso il proprio impegno, annunciando prima l’intenzione del ministero retto da Trenta di ritirare la memoria depositata al Cga e successivamente salutando con soddisfazione la decisione di non presenziare all’udienza. Le due cose però sarebbero in contraddizioni: «Questo atto (il ritiro delle memorie, ndr), non previsto dalle norme di procedura, poteva avvenire solo con il deposito di altra memoria contenente la rinuncia alle difese – vanno avanti i due legali -. Ma questo è tecnicamente impossibile perché il deposito di memorie può avvenire fino a trenta giorni prima dell’udienza, quindi, paradossalmente, l’unico modo di concretizzare lo sbandierato passo indietro sarebbe stato proprio quello – sottolineano Pruiti e Cinquerrui – di presentarsi in udienza e rinunciare alle difese già depositate».
Stando così le cose i cinquestelle, per evitare di essere accusati di contiguità con i governi precedenti, avrebbero dovuto spingere su un atto politico esplicito, anziché seguire i tecnicismi giuridici. In tal senso, i legali degli attivisti ricordano che i «parlamentari del M5s erano già stati firmatari nel 2014 di una mozione con la quale si chiedeva di bloccarsi gli accordi che consentono la realizzazione delle basi statunitensi di uso esclusivo, in quanto illegittimi perché mai autorizzati dal parlamento come richiesto dall’articolo 80 della Costituzione». Quell’atto fu bocciato dal voto di Partito democratico e Nuovo centrodestra, i partiti che sostenevano il governo nazionale. Oggi alla guida del Paese – in coabitazione con la Lega – c’è invece proprio il Movimento 5 stelle. In cui gli attivisti confidavano per cambiare il corso delle cose, ma dopo sei mesi di governo la fiducia sembra essere sparita: «Non resta che prendere atto di questo nulla di fatto che sa tanto di tradimento delle aspettative e del voto dei cittadini», concludono i legali.
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