Migrazioni, in città il premio Nobel Wole Soyinka «Mi sento cittadino di Palermo a tutti gli effetti»

«L’unico problema relativo alla cittadinanza onoraria di Palermo è che io vorrei togliere il termine onorario, mi sento un cittadino di Palermo a tutti gli effetti». Wole Soyinka sorride mentre risponde in tono fermo ai giornalisti che si accalcano attorno a lui. Di fronte a lui ha la celebre Vucciria, il quadro dipinto da Renato Guttuso e conservato all’interno della chiesa di sant’Antonio Abate. Mentre il sindaco Leoluca Orlando, che fa gli onori di casa in attesa che arrivi il rettore Fabrizio Micari, spiega al premio Nobel per la letteratura 1986 il significato della parola vucciria. Ed è proprio una vucciria di voci quella che accoglie lo scrittore nigeriano, arrivato ieri a Palermo per l’iniziativa, da lui stesso ideata, che si chiama ReSignifications.

Avvistato ieri sera proprio nello storico quartiere della città, a 83 anni Wole Soyinka è probabilmente il maggior drammaturgo africano e da decenni si batte sul tema delle migrazioni. Incrociando quello che sempre più diventa il “tema dei temi” con i diritti umani. Alla domanda sul ministro degli Interni Matteo Salvini, che ha più volte ribadito che col nuovo governo è finita la «pacchia per i clandestini», Woya Soyinka si dimostra netto. «Per quel che mi riguarda non c’è differenza tra diritti umani e migrazioni. Io sono sempre stato impegnato in questi campi, che fanno parte di un minimo comune denominatore». I venti razzisti e fascisti che spirano sul Vecchio Continente non lo spaventano. «È inevitabile, ci sono così tanti punti di conflitto e di crisi. Creati da estremismi e fatti economici. L’Europa deve decidere la propria attitudine riguardo il fenomeno della migrazione, ma la migrazione non è nulla di nuovo, è parte del passato e della storia umana».

Una questione poi ancora più complessa quando si intreccia coi populismi, che in Europa sfociano sempre più a destra. «Ma anche l’Africa è sempre stata piuttosto populista – avverte il premio Nobel – e il populismo per l’Africa può definirsi simile a quello dell’Europa». Senza considerare che negli Usa il presidente Trump, in questo senso, ha le posizioni certamente più radicali. E Stati come la Russia vanno nella stessa direzione. «Alcuni di noi si approcciano lentamente ai fenomeni umani – osserva – È il caso del Regno Unito, dove dopo la seconda guerra mondiale ci furono episodi di razzismo, esaltati dalle parti più brillanti della società. Non bisogna dunque sorprendersi se a qualcuno piace Trump. Le persone come lui cercano di puntare sulla limitazione del pensiero, e sono la creatura di un istinto politico, che fa uscire fuori la xenofobia, un istinto primitivo che viene sfruttato in senso politico per guadagnare voti. Io non sono affatto spaventato, è l’Europa che dovrebbe essere spaventata perchè ha fallito questa sfida. Guardate la Francia, o il fenomeno della Brexit: sono tutte cose basate sulla paura dell’immigrazione. È un problema economico che viene spostato sulla paura. Ma noi non siamo spaventati, in fondo ce lo aspettavamo».

Ecco perciò da dove nasce il senso di ReSignifications: una quattro giorni di dibattiti, con una conversazione dello scrittore nigeriano e una mostra – ReSignifications: Black Portraitures in the Mediterranean Sea – sulla reinterpretazione del corpo “nero” da parte di artisti contemporanei che si aprirà oggi alle 19 allo Zac dei Cantieri alla Zisa, parte integrante del cartellone di Palermo Capitale Italiana della Cultura e tra gli eventi collaterali di Manifesta12. Studiosi, scrittori, artisti e attivisti culturali di tutto il mondo si riuniranno dunque a Palermo, cuore del Mediterraneo, per ragionare insieme su migrazione, diaspora, commercio di schiavi, confine, mobilità, cittadinanza e diritti umani. Approcci storici e modi contemporanei in cui le voci nere sono spesso state messe a tacere. Domande che oggi risuonano ancora più rilevanti per ciò che sta accadendo nel Mediterraneo. Non solo dibattiti , nelle intenzioni di Wole Soyinka, ma un impegno ad agire, a scendere in campo in prima persona per gridare al mondo la propria disponibilità al confronto. 

Nella giornata di ieri lo scrittore ha tenuto una lectio magistralis, sempre a Palazzo Steri. Mentre prima ha conversato con il sindaco Leoluca Orlando, lo scrittore nigeriano Okey Ndibe, la scrittrice e poetessa italo somala Cristina Ubax Ali Farah. Una prima occasione per parlare di migrazioni e di accoglienza. Temi su cui la città, come dimostra la recente mobilitazione contro l’hotspot allo Zen, resta in prima linea. «Il nostro grande nemico è la negazione del tempo – ha affermato il primo cittadino – Sì, sto parlando del populismo, schiavo di un eterno appiattimento del presente. Ma senza conflitti e senza rispetto del tempo il cambiamento è finto». Dopo aver accennato alla Carta di Palermo, vanto del Comune per la visione aperta e multiculturale che sottende, Orlando ha lanciato una serie di paradossi. «Siamo razzisti – ha detto – perché crediamo che esiste una sola razza, la razza umana. Perché la patria deve essere una condanna anagrafica? La patria è quella che si sceglie. Ed è per questo che chi sceglie l’Italia come patria va valorizzato, altro che disprezzato».

Da oggi parte un fitto calendario di confronti e dibattiti tra il Museo delle Marionette A. Pasqualino e Palazzo Sant’Elia. L’8 giugno sera, i convegnisti e un folto gruppo di artisti proseguiranno i lavori a bordo della GNV Atlas, in viaggio nel Mediterraneo, per approdare a Napoli il 9 e rientrare a Palermo il 10 giugno. I principali sponsor di ReSignifications sono: Tisch School of the Arts della New York University, NYU Firenze: La Pietra Dialogues, NYU per gli affari afroamericani, il Centro Hutchins dell’Università di Harvard per African & African American Research e l’Università di Palermo.  Una collaborazione tra enti ed istituzioni che è stata accolta con fervore dal rettore Fabrizio Micari. «Non capita tutti i giorni di avere un premio Nobel all’università – ha detto -, è una grandissima opportunità. Il prestigio di un ateneo si misura anche con passaggi del genere. Fa piacere poi anche la collaborazione delle varie università, tra cui quella della New York University, che per capirci è quella del neopremier Giuseppe Conte». 

Andrea Turco

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