«A ferire la coscienza umana e cristiana non è solo l’assoluta indifferenza in cui tutto questo è avvenuto ma è soprattutto il grave rimpallo di responsabilità tra la Libia, Malta, l’Italia e l’Unione Europea a cui si assiste nelle ricostruzioni di queste ore». Usa parole dure il vescovo di Palermo Calogero Lorefice, dopo l’ultima tragedia nel Mediterraneo in cui sono morti circa 130 migranti. Nel mirino ci sono le attese per decidere chi dovesse intervenire. «Il lungo temporeggiare sull’obbligo del soccorso – aggiunge Lorefice – e l’accavallarsi confuso delle giustificazioni sul perché non si sia fatto nulla per precipitarsi a salvare 130 persone innocenti in evidente pericolo continuano purtroppo a dimostrarci che non è più possibile che si ritardi nella ricerca di una soluzione politica a livello europeo, una soluzione umanamente sostenibile che ponga fine una volta per tutte a questa straziante barbarie».
Per il vescovo palermitano non è il primo appello lanciato alle istituzioni. In questo caso sottolinea come all’origine dei flussi migratori ci siano motivi che vanno ricercati in Occidente. «Ricordo a tutti – sottolinea – che le sorelle e i fratelli, le donne e gli uomini dell’Africa sono vittime, da parte dell’Occidente, di una spoliazione quotidiana e sistematica, che depreda della loro ricchezza miliardi di persone e le costringe a cercare vita e fortuna altrove. Noi europei, invece di sentire l’obbligo di un risarcimento, chiudiamo le frontiere del nostro benessere grondante del sangue dei poveri, per impedire ad altri il diritto a un’esistenza che non sia svuotata della sua stessa dignità».
Lorefice giudica scandaloso il fatto che l’Europa e l’Italia «non sentano l’urgenza di adoperarsi per cambiare un tale stato di cose. Siamo noi a operare respingimenti, a continuare a lasciar morire in mare donne e bambini usando il cinico strumento di Frontex. Siamo noi a tollerare i campi di concentramento e le crudeltà della guardia costiera della Libia facendo finta che si tratti di soccorso e di asilo. Ci perdonino tutti coloro che hanno perso la vita in questi anni – conclude – e ci infondano il coraggio di cambiare, insieme».
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