Migranti, capoluogo etneo tra mancanze e progetti «Sono aumentati quelli che dormono alla Stazione»

«I problemi dell’immigrazione, anche a Catania, sono le tre A: accoglienza, accompagnamento e assistenza». A dedurlo è il coordinatore regionale siciliano dell’associazione non governativa Oxfam Salvatore Maio, a margine di un incontro con le onlus cittadine attive nel settore. Un appuntamento, quello di ieri pomeriggio, che viene organizzato per presentare agli attivisti catanesi il progetto di integrazione Open Europe. A coordinarloci sono Oxfam, la diaconia Valdese e l’associazione Borderline, enti concordi nel ritenere necessario un confronto tra tutti gli operatori dell’immigrazione perché «la crisi in questione va affrontata dall’interno, su ciascun territorio interessato e soprattutto – continua Maio -, facendo rete». Il contributo di Rete antirazzista catanese, Città felice, La ragnatela, Save the children, Arci e Medici senza frontiere è andato in questa direzione: denuncia del sistema hotspot, mancanze dell’amministrazione comunale nella gestione del fenomeno, inaugurazione della sede etnea di Frontex. «Anche in città bisogna attivarsi per avviare programmi rivolti all’integrazione e contrari a ogni forma di chiusura», attacca la presidente di Città felice Anna Di Salvo

«Solo nel quartiere di San Giorgio ci sono due centri di aggregazione per ferrovieri, i cosiddetti dopolavoro. Capisco – continua Di Salvo – che le ferrovie sono importanti ma perché l’amministrazione non si occupa pure di destinare qualche struttura ai migranti?». «Il problema è che, nonostante siano vent’anni che la gente arrivi dal mare, il fenomeno viene trattato come un’emergenza e quindi non c’è programmazione», cerca di risponderle Paola Caltabiano di Borderline. Secondo il rapporto stilato da Oxfam, il capoluogo etneo è uno snodo nevralgico per l’immigrazione nel Mediterraneo nella rotta «letale» tra la Libia e l’Italia, insieme a Pozzallo, Augusta, Trapani e Taranto. Gli stessi luoghi, questi ultimi, dove sono presenti gli hotspot, al netto di una presenza di Frontex in città. È in questi punti, secondo gli attivisti, che si insinuano possibili «violazioni dei diritti dei migranti nel richiedere la protezione internazionale, quella che non viene concessa agli immigrati con motivazione economica», sottolinea Caltabiano. E i numeri degli esclusi sono di molte migliaia, e tenderebbero a salire ulteriormente. A incidere su questo dato proprio le mancanze dell’intero sistema che ruota attorno all’immigrazione. E qui che entra in gioco il progetto Open Europe, del quale spiega i dettagli Maio. 

Implementare un’unità mobile di primo sostegno ai migranti, accoglierli in strutture adeguate messe a disposizione della diaconia Valdese e fornire la prima assistenza legale. Il primo dato, il cosiddetto team mobile – in sperimentazione da qualche mese – prevede che un mediatore linguistico, uno psicologo e un avvocato si rechino nei porti, in occasione degli sbarchi, a offrire ai migranti le proprie professionalità. Insieme alle quali portare un kit per la cura personale – distinto per le necessità di uomini e donne -, una scheda telefonica locale e una internazionale, acqua confezionata, indumenti intimi, vestiti e cibo. «Di fondamentale importanza è la parte relativa all’assistenza legale: capita che le persone, appena sbarcate, siano particolarmente fragili, non capiscano bene le traduzioni linguistiche, sbagliano a compilare qualche modulo e quindi gli viene attribuito un decreto di respingimento», racconta il referente regionale di Oxfam. «È nostra cura evitare i respingimenti, atti che consideriamo una violazione del diritto del migrante», conclude Maio. 

Nel report firmato da Oxfam – aggiornato allo scorso 19 maggio – la città di Catania viene citata 21 volte in un poco meno di venti pagine. Nel capoluogo capita spesso che le operazioni di foto-segnalamento e di pre-identificazione avvengano direttamente sulla banchina del Porto, poco dopo l’arrivo delle navi cariche di immigrati. Un dato che l’associazione definisce «preoccupante». Il momento in questione è, infatti, ritenuto dall’avvocato catanese Antonio Fiore come «quello più stremante dell’intero viaggio per via del reiterato stress psicofisico». Ai migranti ai quali non viene concesso lo status di rifugiato, il decreto di respingimento poi non arriva nemmeno subito. Alcuni di loro lo aspettano per settimane, altri addirittura per mesi. Nel frattempo «queste persone vanno a dormire alla stazione di Catania: nelle ultime settimane il numero di loro è aumentato vertiginosamente», commenta Barbara Crivelli di Rete antirazzista catanese. A confermarlo è la testimonianza di B., un ragazzo del Gambia, che ha raccontato la sua esperienza a Oxfam. «Abbiamo aspettato quel foglio per tre mesi: eravamo in sette e nel frattempo abbiamo dormito alla Stazione. Facevamo la doccia alla Caritas e lì mangiavamo», racconta il giovane. «I problemi sono tanti, l’ascolto è importante ma noi siamo qui per cercare di contribuire a soluzioni concrete», conclude Maio. 


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