Mezzojuso, commissione richiede documentazione antimafia E c’è chi propone una piazza per il padre delle sorelle Napoli

«Il Comune di Mezzojuso, nei cinque anni successivi allo scioglimento, deve sempre acquisire la documentazione antimafia precentemente alla stipulazione, all’approvazione o all’autorizzazione di qualsiasi contratto o sub-contratto». Ci voleva l’insediamento della commissione prefettizia per far diventare realtà a Mezzojuso ciò che nel resto della Sicilia è normalità, ovvero che se un’impresa lavora con la pubblica amministrazione deve mostrare di essere impermeabile alle infiltrazioni mafiose.

Dopo il noto scioglimento della giunta Giardina, stabilito dal Viminale lo scorso dicembre, con la circolare n°1 del 2020 le tre commissarie del paese palermitano tentano di mettere ordine in una gestione amministrativa che, per la prefettura di Palermo, ha accertato «concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata e su forme di condizionamento degli stessi». Le nuove disposizioni sull’informativa antimafia riguardano invece «contratti di fornitura di beni e servizi», «concessioni di costruzione e gestione di opere pubbliche o di pubblico interesse e concessioni di servizi pubblici», «contratti di appalto di opere o lavori pubblici»: sono tutti ambiti che, non a caso, sono stati ampiamente analizzati nelle 239 pagine della relazione che ha portato allo scioglimento del Comune.

Tra numerosi omissis, la commissione prefettizia aveva infatti contestato all’amministrazione Giardina (che stava affrontando il secondo mandato elettorale) «la mancata adozione di un sistema di rotazione nell’individuazione delle imprese affidatarie e il frequente, artificioso frazionamento degli interventi nelle procedure di somma urgenza». Criticato anche il ricorso aii lavori di somma urgenza, dopo l’alluvione del novembre 2018, che il Comune aveva affidato a imprese non iscritte alla cosiddetta white list, ovvero l’elenco dei fornitori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa nei settori a rischio. Perfino nel settore delle autorizzazioni commerciali, nonché nelle concessioni di contributi e spazi alle associazioni, «le risultanze dell’accesso hanno messo in luce che l’amministrazione comunale, dal secondo semestre del 2012 e fino all’insediamento della commissione di indagine, non ha avanzato alcuna richiesta di documentazione antimafia».

Nelle pagine della circolare la commissione alla guida del Comune chiede invece che per i lavori di somma urgenza, che prevedono una deroga al codice antimafia, dovrà essere il «responsabile del settore competente» a dover «adeguatamente illustrare nel provvedimento amministrativo presupposto ai citati atti negoziali le ragioni dell’urgenza che hanno indotto l’amministrazione ad avvalersi della deroga di legge». Un invito ai dirigenti comunali, insomma, ad assumersi le proprie responsabilità. E da qui anche il successivo chiarimento per cui «la conseguente decisione circa la sussitenza di condizionamenti mafiosi a carico dei soggetti sottoposti alle verifiche antimafia, tali da impedire agli stessi di intrattenere rapporti giuridico-economici con la pubblica amministrazione, spetta in via esclusiva al prefetto». Vale a dire che non sono ammessi valutazioni personali ma ci si deve rifare a ciò che viene stabilito dalla prefettura di Palermo. Infine ai responsabili di settore del Comune di Mezzojuso viene chiesta una relazione semestrale.

Intanto promette già di far discutere la proposta, che si trova sulla nota piattaforma online change.org, di intitolare una piazza di Mezzojuso al padre delle sorelle Napoli. «I recenti fatti di cronaca che riguardano la comunità di Mezzojuso  si legge nella nota – ci spingono a dare chiari segnali di reazione come società civile. Intitolare a Totò Napoli la piazza prospiciente la sua abitazione può essere un gesto inequivocabile di solidarietà alle sue figlie ed un primo passo per un pieno ristoro della cultura della legalità». 

E’ proprio nella piazza Principe Corvino, infatti, che Salvatore Napoli ha esercitato per decenni la sua attività di geometra. Seppur mai condannato per mafia, su di lui grava però un’informativa dei carabinieri, risalente al 1970, che lo additerebbe come campomafia di Mezzojuso. Un’accusa tirata fuori più volte dal generale dei carabinieri in pensione Nicolò Sergio Gebbia e che comunque è stata già sconfessata dalla sentenza n°1767 del 1974, che ha condannato per ingiura colui che la sosteneva, ovvero Francesco Paolo Bonanno. Ecco perché la proposta online di intitolare una piazza online a Salvatore Napoli appare ulteriore fumo negli occhi. Anche perché finora ha raccolto appena quattro adesioni, tra le quali proprio quella dell’ex assessore alla Cultura e all’Istruzione Nicolò Gebbia.

Andrea Turco

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