Pacchi con sigilli danneggiati, violazione dell’anonimato, mancati controlli e telefonini addosso, crocette che prima non c’erano e poi spuntano sul foglio, domande non inedite e originali ma tratte, come oro colato, da un comune manuale in commercio. Queste sono solo alcune delle circostanze che possono invalidare un esame. Ed è quello che puntulamente sembrerebbe accadere ogni anno e in diverse città il giorno dei test d’ingresso a Medicina. «Vogliamo mettermi in guardia, procedere con un ricorso, che sia singolo o collettivo, e chiedere un risarcimento danni, perché vi stanno rubando il futuro e per un giudice questo può essere quantificabile». A parlare così è l’avvocato Francesco Leone che, insieme alla collega Simona Fell, ieri pomeriggio ha incontrato molti genitori e ragazzi che hanno partecipato al test d’ingresso per immatricolarsi all’anno 2017-18, ma rimasti fuori dai giochi. E che, nemmeno a dirlo, hanno snocciolato uno dopo l’altro una sfilza senza fine di irregolarità notate quel fatidico giorno.
È il 5 settembre e gli aspiranti medici palermitani vengono divisi, per svolgere l’esame, tra le aule del Polididattico in viale delle Scienze e quelle in via Parlavecchio. L’avvocato Leone chiede ai numerosi ragazzi che ha davanti di chiudere gli occhi e ripercorrere nella loro mente quei cento minuti. «Davanti a me, durante il test, c’erano un ragazzo e una ragazza. Tutto tranquillo, ognuno resta concentrato sul proprio foglio. Fino a quando, scaduto il tempo, non vedo che lui ha la scheda anagrafica e quella delle risposte completamente bianca – racconta Martina – Allora capisco che si trovava lì solo per fare il compito alla ragazza che aveva accanto». Per un attimo pensa di fare mettere tutto a verbale, ma per evitare futuri problemi sceglie di non immischiarsi e di farsi i fatti propri, «anche perché pure un professore si è accorto della stessa cosa, ma non c’è stata nessuna conseguenza, a parte un rimprovero blando e il consiglio di sbrigarsi a consegnare tutto».
È simile anche il racconto di Alessia, che quel 5 settembre svolge l’esame nelle aule della cittadella universitaria. Anche lei nota un ragazzo e una ragazza che entrano insieme e si siedono subito vicini, senza divieti da parte di nessun insegnante. «Dopo qualche minuto sono andati in bagno e quando sono tornati lei si è seduta da un’altra parte accanto a un’amica, stessa cosa il ragazzo che ha scelto in libertà un altro posto e un altro compagno da avere a fianco. Tutto calcolato». Insomma, anche quando nelle aule c’è la supervisione di docenti e commissione, sembra fin troppo facile aggirare i controlli e fare quello che si vuole. Come scegliersi il posto e il compagno con cui condividere le risposte del test. «Nel 2013-14 non sono stati immatricolati circa 1500 studenti – torna a dire l’avvocato Leone – È da quella data che lavoriamo a questi casi legati ai test d’ammissione e negli anni migliaia di persone si sono immatricolate in sovrannumero grazie a noi. I test sono fatti talmente male che persino un non esperto di certe materie come me riesce a rendersene conto con una certa facilità. Siamo qui per mettervi in guardia».
E il confronto, in questi casi, è tutto. Molte anche le domande da parte di genitori preoccupati che hanno deciso di accompagnare all’appuntamento collettivo con gli avvocati i proprio figli o che sono venuti da soli per rappresentarli. «Raccontare queste storie, farle venire alla luce, non è sempre semplice, anzi. Ma le zone d’ombra intorno a queste selzioni sono davvero tante – ribadisce l’avvocato Leone – Abbiamo scoperto che negli ultimi anni circa settemila posti che dovevano essere destinati per Medicina in realtà non sono stati mai riassegnati, spesso per graduatorie chiuse senza effettuare alcuna necessaria redistribuzione dei posti». E se le vie meritocratiche non vengono bastano per affermare il diritto di ognuno allo studio, ecco pronte, secondo il team di avvocati, altre vie e altre possibilità per farlo. Aderendo a un ricorso collettivo, per esempio. Il consiglio, però, resta quello di continuare a studiare e a lavorare, in attesa di conoscerne l’esito.
Come ha fatto una studentessa, C.Q., intervistata da MeridioNews, che ha partecipato al fatidico test l’anno scorso, svolgendo l’esame nelle aule del Policlinico. La sua denuncia parte già allo scadere di quei cento minuti e contribuirà a far scoprire l’imbroglio delle domande tratte da un eserciziario in commercio, imbroglio riconosciuto dal Consiglio di Stato, che ha dato ragione alla ragazza. «Le domande copiate erano sessanta su sessanta – racconta ancora l’avvocato Leone, che si è occupato del caso di questa studentessa – Anche quest’anno il copia-incolla c’è stato, abbiamo già individuato 23 quesiti non originali, siamo sicuri purtroppo che saranno molti di più. Perciò mettiamoci a lavoro».
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