Nella riservatezza della sua stalla di vico Costanzo a Giarre, tra cavalli, fucili e fedelissimi, Carmelo Olivieri avrebbe segnato il nuovo corso del clan mafioso dei Brunetto. Cosca della fascia ionica in provincia di Catania, ma con diramazioni anche in quella di Messina, alleata della famiglia mafiosa di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. Nonostante la morte per malattia, avvenuta nel giugno 2013, dello storico padrino Paolo Brunetto, la cosca non avrebbe attraversato un vuoto di potere. Dopo la dipartita c’era da indicare un nome alternativo al fratello Salvatore, costretto a frequentare per motivi di salute un centro di Marsala. «Non vi confondete. Spazio ai giovani: se non c’è Turi, ci sono io; se non ci sono io, c’è Carmelo. Qua sempre questi siamo! Andate da Carmelo che quello è cresciuto con voialtri!», è lo stralcio di una conversazione di uno dei 23 indagati dell’operazione antimafia Kallipolis, conclusa ieri con dodici ordinanze di custodia cautelare.
Olivieri nelle carte viene descritto come un personaggio con la passione sfrenata per i cavalli e le competizioni ippiche. Trascorreva molte ore dentro la sua stalla, occupandosi degli animali dalla notte fonda fino alla mattina e nel pomeriggio. A fargli compagnia – secondo quanto ricostruito dagli investigatori – diversi personaggi, ritenuti affiliati alla cosca. Stallieri all’occorrenza, che avrebbero approfittato dell’attività di cura dei cavalli per evitare incontri in luoghi pubblici facilmente controllabili dalle forze dell’ordine. Negli atti ci sono gli affari della cosca, almeno quelli monitorati dai carabinieri tra il 2013 e il 2014, nel territorio dei Comuni di Fiumefreddo di Sicilia, Giarre, Castiglione, Mascali e Giardini Naxos. Rapine, prestiti, traffico di droga ma anche un filone riservato alla gestione della sicurezza in un alcuni locali della movida della fascia ionica durante l’estate 2014.
A occuparsi di assoldare i buttafuori appartenenti al clan sarebbero stati Luca Zappalà e lo stesso Olivieri. Tramite le intercettazioni telefoniche i carabinieri sono riusciti a scoprire la rete di discoteche e lidi ionici che avrebbero smistato gli ingressi con gli uomini dei Brunetto. Si tratta, stando a quanto riporta l’ordinanza di custodia cautelare, del Sestante e la Cambusa di Giardini Naxos, il lido Bosco Marino di Marina di Cottone, l’agriturismo il Ciliegio dell’Etna di San GIovanni Montebello e il Satin Blu di Riposto. Quest’ultimo finito sotto sequestro a inizio 2016 perché riconducibile al presunto boss dei Santapaola Roberto Vacante. L’imposizione dei buttafuori, secondo l’accusa, sarebbe stata una «forma di protezione» per i gestori, che avrebbero pagato somme variabili tra 60 e 100 euro per il «servizio» durante ogni serata.
Nonostante non siano emersi contatti diretti con i gestori, in diverse intercettazioni i protagonisti dell’inchiesta parlano di serate e gente da assumere per la sicurezza. «Vogliono persone alla Cambusa, mettetevi d’accordo su chi vuole andare», dice Olivieri. La risposta di uno dei suoi uomini, però, non è quella che si aspettava. «Si sono presi Alfio il biondo». «Alfio non ci va alla Cambusa, a giro dovete lavorare tutti», replica il presunto boss. In altri colloqui si parla poi dell’apertura della stagione al Ciliegio dell’Etna. «Che serata è?», chiede Luca Zappalà, anche lui arrestato ieri. «I ragazzi della scuola… come l’anno scorso», gli risponde Alfio Cantarella. Tra i buttafuori ci sarebbe stato anche Alfio Di Grazia, registrato dagli investigatori mentre espone ad altri due arrestati il suo piano per risolvere alcune questioni personali: picchiare un carabiniere, «però non con la bocca, con i fatti». «Portatemi dove abita che a questo cornuto lo ammazziamo a botte. Gli spacchiamo la testa… poi gli spiego se i croccantini del cane me li deve buttare a terra. Noialtri lo prendiamo quando lui sta per andare a casa… e lo sfasciamo tutto!».
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