Mafia, arrestato storico ex cassiere di Cosa nostra Commercianti costretti a pagare il pizzo per 20 anni

«Ci sputo in faccia a sti due fanghi…i capretti quello li mandò?». Non sembrava avere pietà di nessuno, Salvatore Milano, per tutto solo Totuccio o Tatieddu, nemmeno di fronte alle difficoltà di quelle vittime vessate per 20 anni da pizzo e minacce. Storico uomo d’onore della famiglia mafiosa di Palermo Centro, nella quale aveva rivestito il ruolo di cassiere del clan di Porta Nuova provvedendo al sostentamento degli esponenti mafiosi finiti in manette o da poco scarcerati, finisce oggi nuovamente nei guai. I finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Palermo, nell’ambito di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione all’ordinanza del tribunale di Palermo – sezione per il Riesame, con la quale si dispone la misura della custodia cautelare in carcere. Il reato contestato è quello di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Totuccio Milano era stato arrestato già nel 2008 e condannato in via definitiva dalla corte d’appello di Palermo per associazione mafiosa in seguito al blitz Perseo, operazione durante la quale era stato scoperto il primo tentativo di ricostruire la Commissione provinciale di Palermo di Cosa nostra. In tale intento era invece riuscito suo nipote, Leandro Greco, arrestato a sua volta con l’operazione Cupola 2.0, proprio in ragione della sua partecipazione alla Commissione. I fatti oggetto delle contestazioni risalgono agli anni 2016 e 2017, quando le indagini dei finanzieri del Gico consentirono di accertare il ruolo attivo di Totuccio Milano in merito ad una richiesta estorsiva commessa nei confronti di una nota attività commerciale del centro storico cittadino. Nell’ambito del medesimo procedimento, a maggio del 2018, erano già stati arrestati per altre vicende estorsive Luigi Salerno e Giuseppe Bosco. La richiesta estorsiva avanzata con metodo mafioso nei confronti dei titolari della predetta società prevedeva il pagamento di somme di denaro di importo compreso tra i 500 e i mille euro a titolo di messa a posto, necessaria per ottenere l’autorizzazione ad esercitare il commercio nel territorio del mandamento di Porta Nuova ed evitare la commissione di danneggiamenti o altri atti ritorsivi ai loro danni. 

Le dazioni di denaro erano annotate dagli imprenditori in un’agenda, ritrovata dai finanzieri nel corso di mirate perquisizioni. Dall’esame degli appunti manoscritti emergeva come gli stessi per circa 20 anni avevano effettuato dei pagamenti periodici, per l’importo complessivo di 250mila euro, a tale Totuccio, da identificarsi appunto in Salvatore Milano. Durante le conversazioni intercettate, gli estorti spiegavano come tali dazioni avevano consentito loro di evitare «soverchierie» come avvenuto in passato, facendo così riferimento all’attack nelle saracinesche o incendi nel negozio. Tuttavia gli imprenditori avevano instaurato un rapporto di timore e sommessa tolleranza con il mafioso, arrivando a considerare la richiesta estorsiva come un normale inconveniente della loro attività. Le riscossioni del pizzo presso il negozio delle vittime erano tenute sotto osservazione dagli investigatori delle fiamme gialle, e quando cominciarono le difficoltà economiche degli imprenditori che «…..però erano vestiti bene….» Totuccio Milano non mostrava alcuna compassione. Sulla base degli elementi investigativi raccolti il tribunale del Riesame di Palermo, in sede di giudizio di rinvio disposto con sentenza della corte suprema di Cassazione a parziale accoglimento dell’appello proposto dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, ha quindi disposto l’applicazione della misura cautelare in carcere per Salvatore Milano


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