Quattordici persone indagate, uno finito in carcere, undici ai domiciliari, due raggiunti da obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Vanno avanti le indagini dei carabinieri, coordinati dalla procura distrettuale antimafia di Palermo, sugli ambienti mafiosi che ruotano attorno al quartiere di Borgo Vecchio. Le 14 misure di stamattina rientrano nell’ambito dell’operazione Resilienza II, ideale proseguimento della prima operazione Resilienza, che vide finire in manette capifamiglia, come Angelo Monti, ritenuto reggente, e personaggi di spicco della realtà criminale del Borgo.
I 14 indagati sono ritenuti a vario titolo responsabili dei delitti di concorso esterno
in associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, furti, ricettazione ed estorsioni consumate e
tentate, tutti reati aggravati dal metodo mafioso e sfruttamento della prostituzione.
L’indagine, coordinata da un gruppo di sostituti diretti dal procuratore aggiunto Salvatore De
Luca, costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra condotta in maniera parallela e sinergica
dal nucleo Investigativo e dal nucleo Informativo dei carabinieri sul mandamento
mafioso di Porta Nuova.
Nel secondo troncone dell’indagine, emergono alcuni reati fine dell’associazione che, in tema di
esercizio del potere mafioso e di controllo capillare del territorio, connotano la
pervicacia e l’aggressività della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.
Infatti, le investigazioni restituiscono, ancora una volta, uno spaccato caratterizzato dalla continua
ricerca, da parte di cosa nostra, del consenso verso un’ampia fascia della popolazione.
I mafiosi, in sostanza, continuano a rivendicare, con resilienza, una specifica funzione sociale,
attraverso alcune manifestazioni tipiche della loro protervia criminale,
Gestivano feste rionali, in particolare quella della Madre Sant’Anna; organizzavano i traffici di stupefacenti, funzionali a rimpinguare le casse del clan;
gestivano alcuni gruppi criminali dediti ai furti di veicoli, dalle auto alle biciclette, e ai conseguenti cavalli di
ritorno.
Nel corso dell’attività d’indagine, inoltre, è emerso un contesto ambientale nell’ambito del quale si
sono configurate ingerenze di alcuni esponenti mafiosi palermitani nella risoluzione di alcune
controversie sorte all’interno dei gruppi organizzati della tifoseria della locale squadra di calcio.
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