L'ufficio marchi e disegni, divisione cancellazioni ha deciso di annullare il nome del noto gruppo di ristoranti spagnoli. Coldiretti: «Spesso in questi casi al gravissimo danno di immagine si aggiunge la beffa dello sfruttamento economico del made in Italy»
L’Unione europea stoppa marchio spagnolo La mafia Accolta la richiesta dell’Italia, la catena farà ricorso
Il marchio La Mafia, nota catena di ristoranti spagnoli, è stato annullato dall’Unione europea, ufficio marchi e disegni, divisione cancellazioni. La decisione, dopo una lunga battaglia portata avanti negli ultimi anni dalle istituzioni italiane, è arrivata proprio a seguito della richiesta di invalidità avanzata dal nostro Paese. Adesso La mafia se sienta a la mesa, questo il nome completo del marchio che comprende 40 ristoranti e circa 400 dipendenti, presenterà ricorso. La disputa, quindi, sembra non essere affatto chiusa.
Intanto Coldiretti plaude alla decisione dell’Ue che blocca uno dei «casi in cui si fa affari sfruttando a tavola gli episodi, i personaggi e le forme di criminalità organizzata più dolorose e odiose, a danno dei veri prodotti agroalimentari made in Italy». Lo scorso novembre, in occasione del suo 15esimo anniversario, la catena spagnola aveva lanciato un concorso insieme a Coca Cola, per premiare i clienti con un viaggio «nell’Italia del padrino», cioè la Sicilia. «Siracusa, Palermo, l’Etna, Cefalù, la Valle dei Templi e tutto quello che c’è attorno dove è nata la leggenda de Il Padrino ti stanno aspettando», recitava la pubblicità.
Quello de La mafia se sienta a la mesa è solo uno dei tanti marchi che sfrutta il nome di Cosa Nostra. Coldiretti ne ha scovati molti e li ha esposti recentemente alla convention catanese: dal caffè Mafiozzo stile italiano dalla Bulgaria agli snack Chilli Mafia della Gran Bretagna, dalle spezie Palermo Mafia shooting della Germania fino alla salsa SauceMaffia per condire le patatine e quella SauceMaffioso per la pasta scovate a Bruxelles.
L’associazione dei coltivatori diretti sottolinea che «al gravissimo danno di immagine si aggiunge la beffa dello sfruttamento economico del made in Italy in una situazione in cui la contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari italiani solo nell’agroalimentare ha ormai superato i 60 miliardi di euro, quasi il doppio delle esportazioni, e che costa all’Italia trecentomila posti di lavoro. Si tratta – si legge – di danni economici e di immagine soprattutto nei mercati emergenti dove, spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori».