Luca Moncada, da campione del mondo ad allenatore «Vorrei formare una squadra di canottaggio per disabili»

Non sarà uno degli sport più seguiti e conosciuti, ma grazie a lui Palermo e la Sicilia possono dire di essere stati sul tetto del mondo per diversi anni. Luca Moncada, ex canottiere e Nazionale italiano, ha vinto sei titoli mondiali assoluti dal 2001 al 2007 portando in alto il tricolore. «Li porto tutti nel cuore. Si tratta di un’enorme gratificazione – spiega a MeridioNewsper aver fatto un percorso lungo e pieno di successi. Purtroppo mi sono mancate le Olimpiadi però sono consapevole che nel periodo storico in cui mi allenavo i livelli della competizione erano altissimi, difficilmente accessibili. Guardando al passato vedo che la mia carriera è stata ricca di sacrifici, ma anche di gratificazioni». Se dovesse scegliere uno tra i trofei conquistati al quale dare un valore maggiore? Moncada non ha dubbi: «Sicuramente il primo titolo è quello che ha lanciato la mia carriera. I trofei mondiali sono sei, ma sono accompagnati anche da due mondiali under 23. I successi non sono mancati, dai Giochi del Mediterraneo e i Mondiali militari. Inoltre ho vinto diverse gare di Coppa del Mondo. Il primo titolo è quello che mi ha lanciato in Nazionale in maniera stabile, mentre all’inizio della carriera ho dovuto lottare molto per raggiungere i miei obiettivi».

Quando si comincia a praticare uno sport del genere, sono tanti i sacrifici da preventivare: «Per fare canottaggio – spiega Moncada – bisogna imparare a fare un uso diverso del tempo da dedicare alla famiglia e all’amicizia, due valori sicuramente importantissimi. I sacrifici sono tanti perché la tua vita si basa sugli allenamenti». Nonostante i tanti successi ottenuti in carriera, l’ex canottiere non ha mai avuto un atteggiamento narcisistico, come lui stesso tiene a sottolineare: «Non mi è capitato di vedere i video dei miei successi, ma ogni tanto guardo la mia vetrina con tutti i trofei vinti. Quando sono un po’ perplesso sul mio presente o sul mio futuro, penso sempre a quello che ho fatto e così supero le difficoltà. Però non crogiolo sul passato, cerco sempre di proiettare la mia mente in avanti. Anche quando mi allenavo e vincevo qualcosa, una volta fatta la conquista, pensavo subito al futuro, senza perdere tempo nelle autocelebrazioni».

Adesso la sua visione del canottaggio è completamente cambiata. Luca Moncada ha appeso i remi al chiodo da qualche anno e ha iniziato ad allenare atleti più giovani. «Il fatto di essere diventato allenatore – prosegue l’ex canottiere – è sicuramente più stressante rispetto a quando ero un atleta, perché se hai fatto uno sport a certi livelli, poi pensi che i ragazzi debbano allenarsi come te. A volte mi faccio prendere un po’ la mano perché per me è scontato che si facciano determinate cose in maniera naturale e semplice. In questo periodo, poi, gli stimoli sono cambiati e i ragazzi si sacrificano di meno. L’abbandono giovanile è una grossa preoccupazione per noi allenatori». In quanto trainer di ragazzi più giovani, ci sono delle cose che nei suoi atleti non possono assolutamente mancare: «Ai miei atleti chiedo soprattutto l’educazione, il rispetto e il sapersi comportare in squadra. Questi sono i presupposti per costruire qualsiasi cosa: il rapporto tra preparatore e atleta è un continuo interfacciarsi, sia nei momenti felici che in quelli difficili».

Uno sport molto fisico come il canottaggio richiede anche una forza mentale non indifferente: «È difficile dire quali siano le caratteristiche fondamentali per spiccare in uno sport come questo – precisa Moncada –. I ragazzi sono diversi tra loro, bisogna essere forti nelle difficoltà e saper reagire, ma anche avere una serenità interna e familiare per potersi allenare in maniera tranquilla. Sicuramente è il mix di tante componenti che fa sì che venga fuori il campione». Dopo il periodo dei successi di Moncada, la regione più grande d’Italia ha vissuto un periodo di appannamento. Il sei volte campione del mondo, da questo punto di vista, non è ottimista per l’immediao futuro: «In Sicilia il livello era sceso, adesso forse si sta rialzando nuovamente. Se devo essere sincero non vedo grandi prosettive per gli anni a venire, è uno sport in continua evoluzione, ma spero che i successi miei e di altri atleti possano essere da stimolo per quelle che sono le nuove leve. Bisogna inoltre ricordare che lo studio resta importantissimo per un ragazzo: non bisogna mai lasciarsi una sola porta aperta».

Quest’anno a Rio de Janeiro si disputeranno le Olimpiadi prima e le Paralimpiadi poi. Moncada racconta che sta allenando un atleta proprio per il secondo appuntamento: «C’è un mio atleta, Francesco Landolina, che sta cercando di conquistare un posto in Nazionale per andare alle prossime Paralimpiadi, nello sport che noi chiamiamo para-rowing. Ha già partecipato a due ritiri con la Nazionale e ne dovrà fare altri. Si saprà soltanto all’ultimo se potrà partecipare da riserva o, come speriamo, da titolare». Sull’argomento, Moncada confessa di avere un sogno nel cassetto: una squadra di canottaggio di atleti disabili: «Se dobbiamo parlare di atleti diversamente abili, al momento alleno solo lui perché è una cosa delicata e necessita di particolare serietà. Bisogna avere gente specializzata per poterli allenare, perché le disabilità sono diverse, fisiche e mentali. Il ragazzo che io alleno è ipovedente: non è cieco al cento per cento, ma ha difficoltà nel vedere. Devo seguire solo lui e riesco a gestirlo molto bene. Ancora non sono attrezzato per gestire una squadra intera, ma se un giorno riuscissi a formarla sarebbe la realizzazione di un sogno. Mi piacerebbe allenare una squadra ampia – conclude Moncada –, un luogo in cui ogni ragazzo riesca a trovare la propria dimensione e a raggiungere i propri obiettivi».

Luca Di Noto

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