Tra i testimoni alcuni candidati alle regionali del 2012 ma anche storiche conoscenze di Raffaele Lombardo e del padre Giuseppe. Da ricostruire secondo la tesi difensiva, i rapporti con la famiglia di Ernesto Privitera, l'imputato che nel marzo 2013 ottenne l'assunzione del cognato nel servizio di nettezza urbana
Lombardo, in aula i testi della difesa Tra ex autonomisti, candidati e riciclati
C’è chi ha conosciuto Raffaele Lombardo «negli anni ’70», chi si prodigava «a cercare voti per l’avvocato Giuseppe, il padre di Raffaele» ma anche ex assessori che hanno trasformato l’impegno nelle giunte dell’ex presidente della provincia in «un rapporto di amicizia». Sono loro i protagonisti dell’ultima udienza del processo che vede imputati l’ex governatore insieme al figlio deputato regionale Toti, accusati di voto di scambio semplice insieme all’ex consigliere di municipalità Ernesto Privitera, il cognato Giuseppe Giuffrida e il cugino Angelo Marino. Testimoni affatto reticenti, forse fin troppo preparati, secondo il sentore dell’accusa.
Una sfilza di fedeli autonomisti – e non solo – chiamati a ricostruire dinamiche e candidature delle ultime elezioni regionali del 2012. A testimoniare davanti la giudice monocratica Laura Benanti c’è anche l’attuale direttore dell’azienda sanitaria provinciale etnea Francesco Luca. Il manager ammette la vicinanza a Lombardo. Ma sottolinea: «Quando nel 2012 Raffaele mi chiamò per chiedermi il voto per il figlio, io dissi di no perché ero già impegnato». Discorso differente per Elio Tagliaferro e Margherita Ferro, che in quelle elezioni erano candidati. Avversari di Toti Lombardo, ma nelle liste create dal padre: partito dei Siciliani Mpa e futuro e Libertà.
«La mia – spiega Ferro, ex assessora alla Provincia nel 2004 – è stata una candidatura di servizio. Non è facile – ammette – competere in una elezione sapendo di non essere eletti. Avrei preferito sostenere Toti anche per il rapporto che si era creato in segreteria». Discorso differente per Elio Tagliaferro, attualmente nel consiglio d’amministrazione di Sostare e candidato di Fli che raccolse cinquemila voti. «Mi sostenne Angelo Lombardo che è mio amico (attualmente imputato per concorso esterno in associazione mafiosa ndr.) – racconta – Lui però portava anche Dino Fiorenza, candidato nel partito dei Siciliani».
Al centro dell’intervento dell’avvocato Salvo Pace, difensore dei Lombardo, c’è però il rapporto dei suoi assistiti con Ernesto Privitera. Finito sotto accusa per essere riuscito a ottenere l’assunzione del cognato Giuseppe Giuffrida, nella ditta di nettezza urbana Ipi srl, ottenuto, secondo la Procura, grazie alla spinta dei Lombardo in cambio del consenso elettorale. «Conosco Lombardo dagli anni ’70 – racconta Salvatore Currao – Tra i sostenitori di Giuseppe Lombardo c’era anche Letterio Privitera». Il padre dell’attuale imputato, secondo il testimone, «era un privilegiato perché aveva un certo seguito». Una conoscenza che si sarebbe tramandata di padre in figlio, da Giuseppe a Raffaele e che dimostrerebbe la storica vicinanza politica tra le due famiglie, stando alla tesi difensiva.
I magistrati Lina Trovato e Rocco Liguori restano quasi sempre in silenzio. Anche quando l’ex sottosegretario Giuseppe Reina si lascia andare in una sorta di esaltazione delle capacità umane e politiche dell’ex governatore, prima di essere interrotto dalla giudice. Silenzio rotto quanto tocca a Francesco Saglimbene, chirurgo all’ospedale Garibaldi e candidato alle ultime regionali nella lista di Fli. Il professionista anticipa anche le domande: ammette di conoscere la famiglia di Privitera e conferma la storica vicinanza ai Lombardo. Non solo. Ammette da solo di aver usato toni poco lusinghieri nei confronti di Lombardo in un’intercettazione con Privitera, durante il periodo elettorale. «Come conosce il contenuto di questa telefonata?», chiede il pm. «Me lo hanno detto ma non ricordo chi – replica il testimone – forse qualche mese addietro». Una versione che pare non convincere l’accusa, che incalza: «E l’unica volta che parlava di Lombardo?». «Capitava che parlavamo di politica» conclude Saglimbene.