C’è tensione tra la Procura di Catania e i legali del presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo. Dopo l’udienza preliminare a porte chiuse di ieri per concorso esterno in associazione mafiosa, tutti escono sorridenti. Sorride il procuratore capo Giovanni Salvi. Sorridono anche il governatore e i suoi legali. Ma poco dopo, durante una conferenza stampa all’hotel Excelsior – proprio di fronte al Tribunale etneo – lanciano la loro accusa alla Procura: «Nelle intercettazioni in carcere, il geologo Giovanni Barbagallo dice di essere stato pressato dai magistrati affinché raccontasse di Lombardo – spiega l’avvocato Alessandro Benedetti – In cambio, sostiene, avrebbe ottenuto delle agevolazioni nel processo. Una questione inquietante». Forse solo il primo degli assi a disposizione della difesa, in vista della definizione dei due processi a carico del governatore regionale e del fratello-deputato nazionale Mpa Angelo Lombardo. Quello per concorso esterno e l’altro per voto di scambio adesso in bilico dopo la decisione della Procura di Catania di contestare l’aggravante mafiosa.
«Per l’ufficialità bisognerà aspettare la prossima udienza, ma è ormai certo che il processo per voto di scambio verrà azzerato», spiega l’altro legale di Raffaele Lombardo, Guido Ziccone. La difesa punta all’unificazione dei due procedimenti. «Una proposta ragionevole» secondo il procuratore capo Salvi. Ma di cui si discuterà solo in seguito. In conferenza stampa, intanto, il presidente Lombardo annuncia la volontà di ricorrere al rito abbreviato. Ammesso che il giudice Marina Rizza accetti tre condizioni, espresse ieri in udienza. «Il contro esame del maggiore dei Ros Lucio Arcidiacono – elenca Ziccone – l’audizione dello stesso presidente Lombardo e quella di Giovanni Barbagallo». L’uomo, quest’ultimo, accusato di essere il tramite tra chiunque volesse un favore e i due fratelli della politica siciliana. Se Rizza ha già espresso parere favorevole per le prime due richieste, non si è ancora pronunciata sulla terza. «Ci ha detto che non è ancora il momento», aggiunge Ziccone. Ma il presidente non si accontenta. «Voglio che vengano sentiti tutti i responsabili degli uffici che, per conto mio, avrebbero elargito appalti, favori e posti di lavoro», si accalora al microfono. Da parte sua, promette prove certe e definitive durante la sua audizione. E anche di rivolgersi al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e alla commissione parlamentare antimafia, per raccontare delle stranezze di quello che ha definito «un massacro mediatico nei miei confronti».
Un’audizione di certo meno attesa di quella del geologo Barbagallo. Inizialmente prevista alla scorsa udienza per voto di scambio e poi saltata per la decisione della procura etnea di fermare il processo e contestare agli imputati l’aggravante mafiosa. Un altro segnale che preoccupa l’avvocato Benedetti. «Barbagallo è sotto psicofarmaci, agli arresti domiciliari per motivi di salute, e pensa che la sua unica via d’uscita sia accusare Lombardo – dice – Il pm Antonino Fanara, due giorni prima della sua deposizione in aula, ne chiede nuovamente l’arresto. Una situazione che potrebbe farlo piombare nel baratro e noi non vorremmo ritrovarci una persona che finora non sapeva niente dire improvvisamente di sapere tutto». Accuse pesanti verso i magistrati etnei, che Benedetti cerca di smorzare ma senza troppa convinzione. «Abbiamo massima fiducia nella squadra guidata da Giovanni Salvi», dice. Prima di leggere punto per punto le intercettazioni tra Barbagallo e il suo compagno di cella, l’imprenditore Sandro Monaco. «Niente di strano – dice quest’ultimo al geologo in una registrazione – che io sono in galera per fare arrestare degli altri e tu sei in galera per fare arrestare Lombardo».
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