Le 53 sarte sfruttate a Bronte L’altra faccia dell’alta moda

«E dire che siamo a ridosso dell’otto marzo». Dalle parole del tenente colonnello della Guardia di Finanza Antonino De Fecondo emergono assieme stupore e rassegnazione. Sentimenti contrastanti che emergono quando parla dell’operazione Ribattitura  con la quale due imprenditori di Bronte sono stati accusati di frode, evasione fiscale e anche sfruttamento di lavoro minorile.

I coniugi Salvatore Luca e Angela Prestianni avevano reclutato in nero cinquantatré donne che rifinivano a mano gli abiti ritirati nelle due aziende situate nella zona artigianale brontese. La notizia, di cui abbiamo parlato sabato, lascia stupiti sia per le ingenti tasse inevase – redditi non dichiarati per oltre 125mila euro e 325mila euro di Imposta regionale sulle attività produttive sottratti alla tassazione, ritenute non versate per 78mila euro e Iva evasa per 85mila euro – che per l’ingegnosa frode escogitata per giustificare la produzione con un’ufficiale assenza di lavoratori. Costrette per necessità o per coercizione, a colpire è anche il numero così alto di donne obbligate a lavorare senza contributi, alcune anche per dieci anni. Tra loro anche una ragazza minorenne, da qui l’accusa di sfruttamento di lavoro minorile.

«Non sappiamo a quanto ammontava la loro paga – spiega De Fecondo – non abbiamo trovato il libro mastro. Ma è notevole il numero di donne impiegate in un territorio nel quale prevale l’occupazione maschile nel campo agricolo, soprattutto».

Il piccolo comune di Bronte negli ultimi anni è stato al centro dell’attenzione – anche nazionale – proprio per l’alta concentrazione di aziende façoniste, ditte che si occupano di creare materialmente abiti per conto di grandi marchi. Le due ditte dei coniugi Luca-Prestianni si occupavano della creazione di abiti di prima linea, « di quelli che si acquistano in centro a partire dai duemila euro. Si tratta di griffe importanti» afferma l’ufficiale delle fiamme gialle. Quello realizzato dalle 53 sarte, dunque, era un lavoro di qualità elevata.

Quale sarà la loro sorte non è prevedibile. «Non è escluso che al momento del processo le lavoratrici vengano ascoltate come persone informate dei fatti – spiega De Fecondo – o anche come parte lesa. Bisognerà attendere l’evolversi della situazione».

 

[Foto di Mauroppi]


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I due coniugi brontesi accusati di frode, evasione fiscale e sfruttamento di lavoro minorile producevano abiti per importanti griffe. Cinquantatré donne lavoravano a domicilio in nero e rifinivano abiti di prima linea. «Non è escluso che al processo vengano ascoltate come persone informate dei fatti o anche come parte lesa» spiega il tenente colonnello della GdF De Fecondo

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