Gli interventi di trasformazione della struttura sono stati aggiudicati nel 2012, ma non sono ancora iniziati perché l'amministrazione non è mai riuscita a liberare i locali di via Tiro a Segno. Gli animalisti: «Bisogna fronteggiare le emergenze giornaliere e sterilizzare non è un rimedio definitivo»
Lavori al canile, tra le soluzioni liberazione degli animali Volontari: «Servono controlli e risposte al randagismo»
Si avvicina il momento atteso da anni per il canile municipale di Palermo: quello dello svuotamento da tutti gli animali ospitati e dei lavori di trasformazione della struttura di via Tiro a Segno in una clinica veterinaria a tutti gli effetti. Con un’ordinanza affissa sull’albo pretorio il dirigente dell’Ufficio Diritti degli Animali, Gabriele Marchese ha impresso una decisa accelerazione all’iter ordinando di rimettere in strada i cani docili – previa sterilizzazione, identificazione e microchippatura -, mentre gli altri animali – appartenenti a razze pericolose per l’uomo o bisognosi di cure perché feriti o malati – saranno trasferiti in una palazzina adiacente al canile, che un tempo ospitava uffici comunali, dopo una breve manutenzione ad opera di Coime e Amg. Eventuali terapie o degenze post-operatorie saranno garantite nelle gabbie di ricovero all’interno dell’ex mattatoio comunale: «Nessun cane sarà abbandonato al suo destino», assicura Marchese.
Una misura drastica, quella burocraticamente descritta come «re-immissione sul territorio», ma «prevista dalla legge – sottolinea il dirigente – e resa anzi obbligatoria da una norma regionale, la 15 del luglio 2000», che in effetti consente, nel caso di strutture al collasso, sentito «il parere non vincolante» delle associazioni protezionistiche o animaliste, di rimettere i cani in libertà «previa identificazione, sterilizzazione e iscrizione all’anagrafe», i cui uffici sono stati nel frattempo trasferiti in via Montalbo. Ad aggiudicarsi i lavori nel 2012, dunque ormai quattro anni fa, è stata l’associazione temporanea di imprese composta dalla Vi.Ba Srl di Vincenzo Battaglia e dalla Nuova Esir di Antonino Giacona. L’importo di base dell’appalto era di quasi 2 milioni, scesi a 1,4 grazie al ribasso d’asta del 25 per cento. Al termine dell’intervento il canile diventerà un presidio sanitario attrezzato per la sterilizzazione con l’obiettivo di frenare il fenomeno del randagismo.
Negli anni l’amministrazione ha battuto diverse strade per svuotare il canile: le adozioni, gli affidamenti tramite bando ad altri rifugi anche fuori dalla Sicilia, l’ipotesi di un nuovo canile da 400 posti (che passa tuttavia dal via libera al nuovo piano regolatore), il trasferimento degli animali in una struttura temporanea individuata proprio nell’ex mattatoio comunale. Tutte procedure risultate «non percorribili» e che hanno creato una montagna di inghippi burocratici «producendo una spesa media di un milione e 700mila euro l’anno senza portare ai risultati sperati – spiega Marchese a Meridionews -. Quest’anno ho ridotto la spesa per il canile a circa 400mila euro tagliando iniziative che determinavano spese in più».
Che una struttura degli anni Trenta abbia bisogno di una profonda ristrutturazione nessuno lo mette in dubbio. Lo stesso Marchese nell’ordinanza nomina le «criticità più volte segnalate» dai veterinari dell’Asp, a partire dal «sovraffollamento degli animali detenuti […] in alcuni casi in maniera difforme dai protocolli sanitari vigenti», che, «oltre a non garantire il benessere dell’animale, inevitabilmente si riverberano nelle condizioni igienico-sanitarie della struttura». Anche la convivenza tra i dipendenti della Reset e i volontari che operano in via Tiro a Segno non è mai stata facile ma Marchese, che spesso in passato non ha lesinato pubbliche lavate di capo agli operai della partecipata, stavolta li difende: «Devo dare atto – dice – che da quando si sono allineati stanno facendo un ottimo lavoro. Ci sono state molte critiche ma è normale un periodo di assestamento dopo il disastro della precedente gestione. Anche gli animalisti sono tornati a fare i volontari: un volontario non deve essere a pagamento».
Il 6 novembre, intanto, Palazzo delle Aquile organizzerà una giornata dell’adozione al campo ostacoli alla Favorita ma date certe per l’avvio dei lavori ancora non ce ne sono: «Di sicuro presto verrà a decadere la motivazione del mancato svuotamento del canile – chiosa il dirigente -. A quel punto il compito passerà al settore Lavori Pubblici». Nel giro di una settimana le carte dovrebbero essere pronte, dopodiché verrà organizzato il trasferimento degli animali con i volontari e i dipendenti Reset.
«Non è vero che siamo contrari allo svuotamento del canile o all’adeguamento della struttura – dice Salvo Libero Barone, un rappresentante degli animalisti – ma innanzitutto la spesa per la ristrutturazione ci pare esagerata. Inoltre oggi le leggi prevedono che i canili siano al di fuori del centro abitato, tanto che in questi anni uno dei problemi principali sono stati i rapporti con i residenti della zona. Ma l’aspetto più importante sono i metodi di smantellamento dei paddock del canile, che ha comportato il trasferimento verso strutture che non solo noi ma anche l’Asp ha ritenuto inidonee. Più volte abbiamo chiesto che fine faranno gli animali ma non ci hanno risposto. In secondo luogo – prosegue il volontario – la ricettività del canile in questi anni è andata a diminuire, in una città come Palermo che al contrario ha un bacino di ingressi fuori dal normale, anche perché non esistono altri canili municipali nei comuni vicini, sono solo privati. Infine chiediamo la massima attenzione nella scelta dei cani da rimettere in strada, escludendo quelli anziani o affetti da patologie croniche».
Quello del randagismo è un fenomeno non solo del capoluogo siciliano ma dell’intera area metropolitana. Un fenomeno figlio di scelte culturali sbagliate e di normative da aggiustare. Secondo Barone, infatti, «non si può prevedere la chiusura di un canile se prima non si decide una misura alternativa a una ristrutturazione che comunque ci vede favorevoli, se al contempo non si fermano le emergenze giornaliere. Il programma di sterilizzare a tappeto non ci convince, non è una soluzione definitiva: si possono sterilizzare anche tutti i cani della città ma se nei territori limitrofi continuano a nascere cucciolate il problema non si risolve. Sappiamo che a Palermo arrivano a volte anche i cani di Monreale, Marineo o Carini. Il tutto nell’assenza di controlli. E poi – prosegue l’animalista – bisognerebbe vietare la vendita o gli scambi di animali con elettrodomestici o smartphone, come ci capita di vedere sui siti online. Io la vendita la consentirei solo agli allevatori, la vieterei anche nei negozi». Qui però la questione si allarga al di sopra delle competenze di un Comune: «Più volte abbiamo cercato di coinvolgere il prefetto o l’assessore regionale. Una buona parte dei randagi sono ad esempio i cani da caccia o da pastorizia. Nel lungo periodo servirebbe una legge, nell’immediato addirittura lo stato di calamità per Palermo. Per combattere il randagismo – conclude – basterebbe ascoltare di più le associazioni e applicare le leggi».