Per onorare l’Otto marzo appena trascorso, vi proponiamo la recensione di uno spettacolo teatrale che con ironia mette in scena la vera essenza delle donne e il loro modo di interpretare i rapporti interpersonali, a partire da quello con il partner.
In realtà, la piéce del teatro del Canovaccio ne racchiude tre. “Io Eros. E tu?” infatti è la somma di tre distinte storie, atti unici di autrici romane, ma legate sapientemente dal regista Franco Giorgio attraverso un comune filo conduttore: la visione del mondo con le lenti di una donna. Comune è anche lo scenario iniziale che ci presenta sul palco di Via Gulli delle enormi cornici, di colore diverso a simboleggiare le diverse fasi dell’amore, che imprigionano al loro interno l’immagine di tre donne: la giovane edonista, la casalinga e la moglie attempata. Segno fisico della loro unione nel senso di appartenenza al comune genere femminile è un rondò introduttivo.
La prima storia è tratta da “Il Contrattino” di Luciana Luppi. I due attori in scena, la seducente Eliana Esposito ed il simpatico Salvo Musumeci, vestiti di rosso come la passione che però tarda ad arrivare, danno il meglio nell’interpretazione di un fanatico che discute per ore la stipula di un contratto prima di copulare con la ragazza che ha conosciuto in un pub. Una roba che, afferma il protagonista Gustavo Sensi, va di moda in America e aiuta a preservarsi da brutte sorprese; insomma, un preservativo dagli imprevisti che possono sorgere andando a letto con una sconosciuta: furto, contrazione di malattie infettive, sottrazione a certe componenti imprescindibili in un rapporto sessuale e così via.
Il titolo dell’intero spettacolo è tratto dal secondo sketch “Io Eros, tu eri”, scritto da Stefania Porrino, che racconta la storia forse più comune e diffusa al mondo: le corna extra-coniugali. Ma mentre per l’uomo, il belloccio famoso e con il complesso di Peter Pan (Massimo Giustolisi) è una questione di sesso e di svago, che svanisce non appena trilla la suoneria del cellulare (per ritrovarsi a fare le fusa con la moglie e le coccole telefoniche al pargoletto), per la donna è tutto più complicato. Lei, la convincente Laura di Stefano, è ora una signora sposata, ma non nasconde l’attrazione che ha sempre provato nei confronti della sua ex fiamma che adesso viene a trovarla dopo tanti anni mentre lei è in vestaglia, sola e con tutte le carte in regola… se non fosse che ha una coscienza che parla un po’ più ad alta voce ed insistentemente di quella maschile. Eppure, si sa, la carne è debole, il caso contribuisce e il tradimento è servito. Tuttavia, il tradimento assumerà una forma diversa per i due. Per lei, una profonda delusione, per lui un’occasione mancata che di sicuro si ripeterà, non importa con chi o dove.
Infine, procedendo in ordine cronologico e rispettando le sequenzialità del ciclo della vita coniugale, si arriva a “Bagnati dai raggi della luna” di Adriana Martino, che racconta la coppia più adulta, con alle spalle decenni di matrimonio. Saro Pizzuto e Fiorenza Barbagallo rendono perfettamente l’idea di una coppia matura, caratterizzata da un lui saturo e ipocondriaco, che da 10 anni gioca a fare il vecchietto dai mille acciacchi e che come massimo godimento dalla vita non chiede altro che un massaggio ai piedi mentre sfoglia la pagina sportiva del quotidiano, e da una lei ancora desiderosa di passione, vitalità e voglia di tenerezze che prova di tutto per stimolare il marito, fino alla definitiva capitolazione e sconfitta sotto la luna delle Barbados.
L’epilogo tutto melodico, grazie alle musiche del maestro Nino Rota, racchiude la morale. Le tre donne escono dalle cornici per ballare insieme, dimostrando la solidarietà femminile e a suon di flauto irretiscono gli uomini che confusi, disorientati e spaventati si ritrovano imprigionati in quelle stesse cornici. Che il regista abbia scelto proprio questo strumento musicale, dal richiamo fallico, come a voler intendere la supremazia ultima delle donne che detengono il potere?
Vero protagonista non è dunque il sesso, che viene tanto decantato ed invocato nelle piéce ma mai si concretizza, né l’amore che sembra avere ancor meno valore di quest’ultimo sia nell’incontro occasionale della gioventù, che nella trasgressione extramatrimoniale o nella vecchiaia dove ormai è un ricordo lontano chiamato abitudine. A imporsi sulla scena sono le donne, la loro forza interiore nel rapporto di coppia, manifestata attraverso l’ironia delle battute e la comicità delle espressioni facciali.
A conclusione dello spettacolo il pubblico in sala è come al solito coccolato con il banchetto finale, che diventa per quelli del Canovaccio un rito, momento di convivio e di condivisione di pareri sulla piéce o ancora l’occasione per ritrovare un amico perso di vista da anni, prima ancora che sia Facebook a farlo!
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