La Sicilia immaginaria di Crocetta e Bianchi

Non è questa la sede per un esame della manovra economica e finanziaria approvata dall’Ars e falcidiata dal Commissario dello Stato. In questa sede proveremo ad elaborare solo qualche considerazione dopo aver letto i resoconti della conferenza stampa d ieri tenuta dal presidente della Regione, Rosario Crocetta, e dall’assessore all’Economia, Luca Bianchi.

Intanto notiamo che né’l’uno, né l’altro hanno fatto cenno all’accantonamento di 800 milioni di euro. Soldi scippati alla Sicilia e regalati allo Stato non per risanare i conti, ma per continuare a foraggiare le banche e la finanza speculativa nel nome dell’Unione Europea. Notiamo che il conformismo del potere, in Italia, non risparmia la Sicilia.

Eppure non è un argomento di poco conto. Perché i soldi che oggi mancano a tante categorie economiche e sociali della Sicilia sono, guarda caso, gli effetti dello scippo perpetrato da Roma alla nostra Regione che è tutt’altro che ‘Autonoma’. Un accantonamento abusivo di 800 milioni di euro, disposto dallo Stato centrale nel nome del Fiscal Compact, al quale il Governo di Rosario Crocetta non si è opposto.

Leggendo i resoconti della conferenza stampa di ieri emergono due Sicilia. C’è la Sicilia del presidente Crocetta e dell’assessore Bianchi – novelli protagonisti di una riedizione del “Candido” di Voltaire in chiave ‘sicula’ – secondo i quali tutto va bene, tutto è a posto, non ci sono problemi, i siciliani sono occupati e felici, gli stipendi vengono pagati a tutti, i Comuni sono pieni di soldi, gli uffici della Regione funzionano, non si pagano tangenti, forse non servono nemmeno le certificazioni antimafia (leggere il servizio del nostro Giuseppe Messina sul ‘siluramento’ di un funzionario del dipartimento Formazione professionale), l’impugnativa della Finanziaria da parte del Commissario dello Stato è stata salutare, mentre la stessa legge Finanziaria sarebbe “la migliore degli ultimi vent’anni”.

Accanto alla Sicilia decritta dai due nostri Pangloss – uno siciliano, il presidente Crocetta, e l’altro romano, l’assessore Bianchi – un’Isola tutta frizzi, lazzi e ottimismo c’è, però, un’altra Sicilia.

C’è la Sicilia di un uomo che, ieri, a Vittoria, si è dato fuoco perché le banche gli hanno preso la casa. C’è la Sicilia con un’agricoltura allo sbando, priva di controlli (con il satellite – per citare solo un esempio – sarebbe semplicissimo, oggi, conoscere, uno per uno, gli alberi di olivo e le possibili produzioni: passaggio semplice per impedire l’arrivo, in Sicilia, di olio di oliva da chissà dove, venduto poi per olio d’oliva extra vergine siciliano); un’agricoltura massacrata da una concorrenza sleale, priva di strutture per la commercializzazione del prodotto.

Un’agricoltura che, dal 2007, beneficia di oltre 2 miliardi di euro del Piano di sviluppo rurale (Psr) del quale si conosce poco o nulla (sfidiamo il presidente della Regione a rendere pubblico l’elenco dei percettori delle risorse del Psr, per verificare se si tratta di agricoltori a titolo principale o di altre figure che non c’entrano nulla con l’agricoltura o, magari, sono parenti di politici e di funzionari e dirigenti regionali).

C’è una Sicilia dei Comuni che, a parere dell’assessore Bianchi, dovrebbero essere felici perché il taglio, alla fine, è dell’8 per cento rispetto allo scorso anno. Dimenticando che i Comuni siciliani hanno subito pesanti tagli negli anni precedenti e che, già lo scorso anno, non riuscivano a pagare gli stipendi ai propri dipendenti. Mentre, già da almeno due anni, negli stessi Comuni sono praticamente scomparse le risorse finanziarie per le attività sociali: anziani, malati, portatori di handicap, minori a rischio. Migliaia di persone abbandonate a se stesse, che non possono parlare, che non possono lamentarsi. Su di loro si è abbattuta la mannaia del Governo Crocetta: proprio su quelli che non si possono difendere. 

Categorie doppiamente penalizzate, perché abbandonate sia dai Comuni, ormai senza soldi, sia dalla stessa Regione che ha inserito le attività delle associazioni che si occupano dei poveri nella Tabella H impugnata. Disastri sociali su disastri sociali.

C’una Sicilia dei lavori pubblici bloccati, ridotti quasi a zero. Ma ieri il Governo ha detto che si punta sui fondi europei, fino ad oggi non spesi. Anche su questo fronte, solito spettacolo: da una parte i soliti annunci del solito presidente Crocetta; dall’altra parte la realtà di lavori pubblici fermi da mesi, anzi da anni, con la disoccupazione e la disperazione che imperversano.

C’è la Sicilia senza più industrie. Con in testa Termini Imerese dove alle chiacchiere dei Governi Berlusconi e Lombardo si sono aggiunta prima le chiacchiere del Governo Monti e, adesso, le chiacchiere del Governo Crocetta. Con il risultato che il rilancio economico di questa zona, dopo la chiusura dello stabilimento Fiat, resta un miraggio.

Che dure, poi, di Confindustria Sicilia? E’ dentro questo Governo con il ferreo controllo dell’assessorato alle Attività produttive: dove, però, le uniche cose ‘produttive’ sembrano le liquidazioni degli ex Consorzi Asi. O meglio i tentativi maldestri di accaparrarsi i beni mobili e soprattutto immobili di questi enti in liquidazione. Anche sottraendoli ai creditori (operazione tentata con la “migliore Finanziaria degli ultimi vent’anni” e bloccata, per fortuna, dal Commissario dello Stato).

C’è una Sicilia della Formazione professionale, con circa 10 mila lavoratori che, da oltre sei mesi, alcuni da un anno, altri da un anno e mezzo, altri ancora da due anni non percepiscono lo stipendio. Anche ieri il presidente ha detto che i lavoratoti debbono stare tranquilli. Che nessuno resterà senza lavoro.

Il presidente Crocetta ha ragione: lui mangia ogni giorno: mattina, mezzogiorno e sera. Che può sapere, il governatore, delle difficoltà di tante famiglie che vivono senza stipendio chiedendo prestiti a destra e a manca? Non è che un presidente della Regione si può occupare di simili ‘facezie’? Come dice il poeta Antonino Veneziano, “…lu saziu non cridi a lu diunu…”.

Anche sui precari, ieri, non sono mancate, da parte del presidente della Regione, le solite tiritere clientelari ed elettorali (si approssimano le elezioni comunali, no?). Il presidente Crocetta ha lasciato intendere di aver difeso i precari. E di volere tutelare il loro posto di lavoro.

Ma di quali precari ha parlato? Se si riferiva ai 23 mila precari degli Enti locali, ebbene, a questi 23 mila precari va detto che il loro futuro – che guarda caso si deciderà dopo le elezioni comunali – non dipende dalla Regione, ma dallo Stato.

L’ulteriore proroga e l’improbabile stabilizzazione dipendono dallo Stato. E anche il finanziamento dipende dallo Stato, perché se Roma dovesse dire “sì” alla proroga, i fondi regionali per pagarli, da agosto in poi, forse arriverebbero a dicembre (ma non è detto, perché certe entrate del bilancio regionale sono gonfiate). Poi a pagare dovrebbe essere lo Stato e non la Regione.

Poniamo una domanda ai 23 mila precari degli enti locali siciliani: secondo voi, un Governo nazionale che ha scippato alla Sicilia 800 milioni di euro darebbe alla Regione i soldi per pagare la vostra proroga o, addirittura, la vostra stabilizzazione? Un avvertimento: non vi fate prendere in giro da chi, in questo momento, pensa solo al vostro voto e non certo al vostro futuro.

L’elenco dell’altra Sicilia potrebbe continuare. Con i pescatori ridotti alla fame, con le attività culturali al collasso, con l’artigianato in crisi e, in generale, con le imprese siciliane non pagate dalla pubblica amministrazione (a proposito, cosa ha da dire al riguardo Confindustria Sicilia? Forse i vertici di questa organizzazione non possono rispondere perché troppo occupati con gli ex Consorzi Asi?) .

Allora, la Sicilia vera è quella del presidente Crocetta e dell’assessore Bianchi? O è la nostra? Non sarà il Governo regionale e non saremo nemmeno noi a stabilirlo. Sarà la realtà delle prossime settimane e dei prossimi mesi a ristabilire la verità delle cose.

Chiudiamo con una considerazione ‘tecnica’ della quale, ieri, non abbiamo sentito nulla dal Governo regionale. Ovvero sui passaggi dell’impugnativa che riguardano la legalità.

Ci permettiamo di sottolineare che l’impugnativa dello scorso anno sulla Finanziaria è stata pesante sotto il profilo quantitativo (circa 80 articoli impugnati). L’impugnativa di quest’anno apparentemente più ‘leggera’ (una ventina di articoli ‘cassati’) è, in realtà, molto più pesante e, per certi versi, molto più grave. di quella dell’anno passato

Per la prima volta, in un’impugnativa, abbiamo letto del tentativo di violare il principio di legalità sostanziale. E’ un’accusa molto grave, quella che si sostanzia nell’impugnativa. Che diventa ancora più grave se il Governo si presenta come un baluardo di legalità e di antimafia.

Non possiamo non notare ciò che lo scrittore Leonardo Sciascia segnalava in un celebre articolo del 1988, ovvero l’atteggiamento dei cosiddetti “Professionisti dell’Antimafia” che, a parole, predicano la legalità e che, nei fatti, utilizzano lo schermo antimafia per fare carriera e, in questo caso,per ‘pilotare’ operazioni che nulla hanno a che spartire con la legalità.

 


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