La relazione dell’Antimafia sul mercato di Vittoria «Inefficienze hanno aiutato contesto criminogeno»

Un’area di 246mila metri quadrati. Tanto grande da essere fulcro dell’economia agricola del Meridione, ma anche punto di convergenza per gli appetiti della criminalità organizzata. Stidda, Cosa nostra, ‘Ndrangheta, Camorra, a varcare i cancelli, metaforicamente e non, del mercato ortofrutticolo di Vittoria sono stati in tanti. E ciò nonostante larga parte degli operatori commerciali non risulti coinvolta in indagini, ma anzi sia da considerarsi vittima della sopraffazione dei clan. Questo il quadro che viene fuori dalla relazione della commissione regionale Antimafia, presentata questa mattina nel centro ipparino. 

L’organo presieduto da Claudio Fava ha iniziato l’indagine parlamentare a ottobre 2018, sulla scia dello scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa. Un provvedimento, quello del Consiglio dei ministri, a cui si arrivò in seguito all’inchiesta Exit Poll che coinvolse diversi pezzi delle istituzioni, compresi gli ultimi due sindaci. Uno di loro, Giovanni Moscato, è stato già condannato in primo grado per corruzione elettorale. A essere ascoltati dalla commissione sono stati esponenti delle forze dell’ordine, funzionari comunali, i vertici della società che gestisce diversi servizi all’interno del mercato e anche i rappresentanti delle principali associazioni di settore

Nel mirino ci sono le inefficienze dell’ente comunale da cui dipende il mercato che, nel corso degli anni, «hanno contribuito alla genesi di un contesto criminogeno». O, per dirla con le parole dell’ormai ex questore Salvatore La Rosa – che proprio in questi giorni ha lasciato Ragusa per insediarsi a Trapani – dentro e fuori il mercato si sarebbe creato un «paravento di attività economiche» con cui i clan «hanno cercato di riciclarsi», occupandosi anche dell’indotto. «Investendo nei trasporti, nelle attività finalizzate al confezionamento, nelle pedane, nella plastica, oltre che chiaramente lavorare sul condizionamento dei prezzi», ha detto La Rosa alla commissione, elencando di fatto il cuore di parecchie dell’inchieste che la magistratura ha condotto sul territorio di Vittoria negli ultimi anni.

L’infiltrazione mafiosa nell’economia è un fatto che secondo l’ex sindaco di Vittoria Francesco Aiello era percepibile anche a fine anni Ottanta, quando il mercato era stato inaugurato da pochi anni. «Noi amministratori dell’epoca – ha detto alla commissione Aiello, che di Vittoria è stato primo cittadino tra l’88 e l’89 e dal ’95 al 2005 – dicevamo: “È mafia questa, guardate che è la mafia che si sta sviluppando”. Eravamo capaci di leggere, di decifrare le cose ma, oltre a fare questo, non avevamo gli strumenti, perché l’agroalimentare era un affare emergente, all’economia legale delle mafie è stata lasciata aperta questa possibilità probabilmente sulla base di discorsi anche politici generali. Si diceva – ha proseguito Aiello – se non sparano, se fanno attività, meglio di questo che cosa volete di più? Solo che a poco a poco hanno occupato tutti gli spazi».

Nel ciclo di audizioni, durato quasi un anno, sono emerse le criticità che più o meno direttamente hanno favorito la permeabilità del mercato alle pressioni delle cosche

Il protocollo di legalità
Firmato a dicembre 2014 alla presenza di istituzioni, sindacati, associazioni di categoria e concessionari dei box, il documento puntava a riscrivere le regole di legalità all’interno del mercato. Ma in realtà si è trattato soltanto di una raccolta di buoni propositi, i cui riflessi nella quotidianità sono stati minimi. «Questo patto avrebbe previsto anche la sottoscrizione di un atto aggiuntivo nel quale si prevedevano dei controlli molto stringenti su tutti quelli che orbitano all’interno del mercato ortofrutticolo, quindi richieste di accertamenti – ha detto la prefetta di Ragusa Filippina Cocuzza -. Nonostante ripetuti solleciti, inviti… non si è mai approdati alla sua sottoscrizione». Le difficoltà si sarebbero presentate anche nei casi in cui si sono svolti accertamenti sui titolari dei box. «Anche perché è chiaro che, nella maggior parte dei casi, chi ha intestato il box non è sempre chi poi lo gestisce», ha aggiunto la prefetta. Parole davanti alle quali il presidente della commissione Antimafia ha replicato: «Forse vanno un po’ ripensati questi strumenti se rischiano di essere soltanto una compilazione di buone intenzioni».

Il bando deserto e le minacce
Uno dei fatti più inquietanti che hanno attraversato il mercato di Vittoria negli ultimi anni accade nel 2015. Dopo la sospensione delle concessioni riguardanti sei box, uno dei quali gestito da un membro della famiglia Dominante, che dà il nome allo storico clan della Stidda, il Comune di Vittoria pensa di indire una gara per nuovi affidamenti. Il proposito servirebbe anche a interrompere la prassi, poco trasparente, delle volture, per cui i concessionari trasferivano a terzi le autorizzazioni ottenute dal pubblico. Tuttavia la gara muore prima di nascere, nonostante i tre tentativi di nominare la commissione giudicante. I funzionari, infatti, rinunciano all’incarico dopo che si sparge la voce delle minacce recapitate alle persone designate di stilare la graduatoria. «Di quella commissione facevo parte pure io quindi ho ricevuto pure io le minacce – ha dichiarato Alessandro Basile, dirigente comunale del settore Sviluppo economico -. Però non appena insediato ho di nuovo ripreso il procedimento che dal punto di vista formale non era stato sospeso, quindi era ancora in itinere, con la nomina di tre commissioni». Ma non serve a nulla e così, alla fine, quel procedimento viene archiviato

Dietro quelle telefonate minatorie, secondo la prefettura che si è occupata della relazione che poi ha portato allo scioglimento del Comune, ci sarebbe stato il clan Dominante. «Non so, non riesco in questa sede a dire se si tratta di ingerenze mafiose, ma sicuramente sono delle interferenze tra interessi forti che vogliono, vorrebbero condizionare l’operato della pubblica amministrazione», ha commentato il dirigente comunale. Sul bando annullato si è pronunciato anche Filippo Dispenza, uno dei commissari straordinari che guida il Comune dopo lo scioglimento, che rivela un particolare. 

«Mi sembra che, tra gli assegnatari, ci fosse una famiglia inquadrata nell’ambiente mafioso, Carbonaro-Dominante. Quindi, la commissione insisteva perché si assegnasse e si pubblicasse la graduatoria di questi sei su circa trenta concorrenti». In sostanza, quindi, la stessa famiglia che aveva subito la revoca della concessione aveva deciso di rifarsi avanti e ambire a riottenere il box. A gennaio dello scorso anno, i commissari prefettizi hanno deciso di mettere a gara tutte le concessioni per i 74 box. L’iter è partito a gennaio di quest’anno, ma ancora non è arrivato a conclusione. Mentre non sono mancate le polemiche da parte dei concessionari uscenti.

Gli accessi al mercato
Un’altra problematica riguarda la pressoché mancanza di controllo nei varchi d’ingresso, che di fatto consentono potenzialmente a chiunque di girare per i box. Compresi agli uomini dei clan. «Presenze che hanno finito per incidere concretamente sulle dinamiche di domanda-offerta con specifico riferimento alla fase del confezionamento dei prodotti e del successivo trasporto», si legge nella relazione dell’Antimafia. «Quando abbiamo deciso di far fare dei controlli alla polizia municipale – ha rivelato Dispenza – li abbiamo fatti assieme alla polizia, ai carabinieri e alla finanza. La polizia municipale ha riscontrato la presenza di persone che non avevano nessun diritto a stare nel mercato, parecchi pregiudicati per mafia». 

Sul punto è intervenuto anche l’ex questore La Rosa, che ha definito gli ingressi «assolutamente liberi sostanzialmente, sia attraverso quello che era il varco principale, sia attraverso varchi secondari mai censiti, sia attraverso soprattutto un varco che utilizzava l’area destinata alla polizia municipale». Dunque per entrare al mercato, pur non avendone i diritti, basta dichiarare di dovere andare negli uffici dei vigili urbani. Con una scusa qualsiasi, una multa da pagare magari. 

A dover fare i controlli sarebbe il personale della società Vittoria Mercati, il cui presidente Giovanbattista Di Blasi ha dichiarato di avere fatto presente la criticità derivante dalla carenza di risorse per garantire un controllo serrato. Richieste però che non sarebbero mai messe nero su bianco. «La risposta è stata sempre: “Ci sono delle priorità, la mattina abbiamo le scuole, abbiamo questo…”», ha detto Di Blasi quando la commissione gli ha chiesto se avesse concretamente spinto affinché il Comune disponesse un aumento del personale. Lo stesso ha poi ammesso difficoltà di altra natura: davanti a pregiudicati che si presentano accreditati dalla Direzione mercati è difficile intervenire. «Fino a quando la direzione ci dice che possono entrare, noi li facciamo entrare».

L’assenza del direttore del mercato
Nonostante sia previsto dal regolamento, la figura del direttore, che andrebbe individuato tramite un bando a evidenza pubblica, non è mai stata designata. «Da quanto manca? Da sempre. Non c’è mai stato. Questa è una cosa veramente grave perché la figura di direttore del mercato è stata ricondotta al dirigente dello Sviluppo economico», ha messo a verbale la prefetta Cocuzza. Sul perché il bando non sia mai stato fatto, il presidente di Vittoria Mercati ha detto: «Effettivamente penso che si cercasse una figura sempre all’interno del Comune». Durante le audizioni, il dirigente dello Sviluppo economico Alessandro Basile ha assicurato che l’assunzione sarà prevista entro la fine dell’anno, ma a oggi nulla è cambiato.

Il pizzo e il condizionamento mafioso
Secondo il presidente di Confragricoltura Ragusa Antonio Pirrè, le ingerenze dei clan non si percepirebbero tanto sulla formazione dei prodotti quanto su ciò che ruota attorno agli ortaggi e alla frutta. «Per gli operatori del settore degli imballaggi, dei trasporti è una situazione che è veramente devastante perché crea quasi l’impossibilità per alcuni di operare. Sono situazioni che a differenza degli anni Ottanta, in cui mi dicono pagavano un po’ tutti ma c’era un’economia che andava, che camminava, se non volava, è chiaro che la situazione è completamente diversa».

A proposito della questione prezzi, la commissione Antimafia ha appurato come nel mercato non siano mai entrati in funzione due tabelloni elettronici costati altrettanti milioni di euro. Gli stessi, peraltro, sono stati installati in una posizione che non consentirebbe agli operatori di vedere i dati riportati sugli schermi. La situazione è stata parzialmente risolta con una colonnina entrata in funzione a settembre, collegata anche a uno schermo installato nel palazzo comunale.

La commissione Mercato
Prevista dal regolamento, l’organo di controllo gestionale, stando a quanto rilevato nel corso delle audizioni, si è trasformato in organo meramente consultivo. A dirigere il mercato, di fatto, sono stati in questi anni i vertici comunali. Tale concentrazione di potere dovrebbe essere allentata dalla delibera dei commissari prefettizi che, a novembre dello scorso anno, hanno attribuito la presidenza della commissione Mercato non più al sindaco ma al presidente della Camera di commercio di Ragusa.

Conclusioni
Per la commissione regionale Antimafia, analizzando i fatti che hanno riguardato il mercato di Vittoria non «non si può tacere su quelle che appaiono come vere e proprie inerzie e inefficienze dell’apparato amministrativo comunale». Atteggiamenti che, riprendendo la relazione che ha portato allo scioglimento del Comune, potrebbero rispondere a qualcosa di più «dolosamente consapevole» di una semplice «mala gestio».

Simone Olivelli

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