Prosegue la collaborazione di LinkSicilia con il quotidiano online LaVocediNewYork.com. Che, proprio oggi, si occupa di Palermo: ‘È stato il figlio’, film di Daniele Ciprì, è, infatti, in proiezione al Lincoln Center per la prestigiosa rassegna Open Roads. I colleghi che vivono nella Grande Mela lo hanno intervistato:
La Palermo inventata di Daniele Ciprì
È stato il figlio, in proiezione al Lincoln Center per la rassegna Open Roads, è un film surreale che costruisce un mondo immaginario ed evocativo. La Voce di New York ha chiesto al regista come nasce questa rappresentazione paradossale e grottesca
La storia che racconta è quella di una famiglia che perde una figlia, colpita per errore durante un regolamento di conti di mafia. Un risarcimento ai familiari delle vittime dei delitti di mafia trasformerà la tragedia in occasione, mentre il padre, Nicola, interpretato da Toni Servillo, realizzerà il sogno di comprarsi una Mercedes che finirà per trattare meglio della defunta figlia.
Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Alajmo, rifiuta il realismo e si spinge sui territori del paradossale e del grottesco, senza preoccuparsi di rispettare i fatti. Ne abbiamo parlato con Daniele Ciprì per capirne l’estetica anti-realistica.
Palermo, la tua città, è in qualche modo la protagonista del tuo film, ma in realtà non è presente perché quella che vediamo non è Palermo. Perché hai fatto questa scelta?
Nel mio lavoro cerco sempre di mettermi in crisi. Voglio trovare un mio mondo e un mio modo di rappresentarlo. In questo film io racconto Palermo, ma quella che mostro non è la vera Palermo. Il film è girato in Puglia. Palermo non l’ho mai filmata e mai lo farò. Ma la evoco e la invento. Ho costruito un mondo, ho creato dei piccoli spazi surreali dove si sente l’anima di Palermo anche se non è lì. Non è una provocazione ma un’operazione visiva. Palermo non volevo vederla, ma volevo sentirla. Come un sogno o come un giocattolo. Ho voluto costruire un palcoscenico, un circo. Come faceva Fellini che in questo era un genio. Per questo per esempio mi piace il cinema di Garrone o di Sorrentino perché, senza raccontare l’attualità, riescono a fare film di grande forza. Anche il mio film voleva essere così. Non c’è realismo, anche perché se fosse realistico sarebbe un film tristissimo.
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