La misteriosa morte di Valeria e il video del cadavere online «Non sono riuscita a salvare mia figlia ma voglio la verità»

«Io non sono riuscita a salvare mia figlia. Ma, se è successo a noi, può succedere a chiunque». Mirella Abela è la madre di Valeria Pandolfo, una donna siracusana di 40 anni con un ritardo mentale che è morta in circostanze misteriose nella casa di Prata Sannita (in provincia di Caserta, in Campania) dove da circa un anno conviveva con il suo compagno Marcus. Il corpo senza vita di Valeria, con diverse macchie scure nelle braccia che sembrano dei lividi e con le unghie annerite, viene ripreso con il cellulare durante una videochiamata in un gruppo WhatsApp effettuata proprio dall’uomo che è lì nel letto accanto a lei. Alcuni dei partecipanti fanno degli screenshot. Ai microfoni della trasmissione di Rai 3 Chi l’ha visto?, Marcus – che ha difficoltà di linguaggio che lasciano intravedere altri disagi – spiega di averlo fatto perché «lei era legata a molte persone nei social network», supponendo che sarebbe stata proprio Valeria a chiedergli che, semmai le fosse successo qualcosa, avrebbe dovuto fare vedere il suo corpo. «Su WhatsApp tutti mi hanno dato dell’assassino», aggiunge l’uomo. Per la morte di Valeria è stato aperto un fascicolo dalla procura di Santa Maria Capua Vetere (nel Casertano) per istigazione al suicidio contro ignoti e le indagini sono in corso. 

«Viste le sue difficoltà a socializzare, i social erano diventati il suo mondo – racconta la madre a MeridioNews – Era entrata a far parte di diversi gruppi in cui parlava con molte persone, si confidava, cantava, provava a divertirsi. Ma io l’avevo sempre avvisata anche di stare attenta». Ed è proprio online che, alla fine del 2019, Valeria – che è già madre di una bambina avuta dal suo precedente matrimonio – conosce quest’uomo e se ne innamora. «Ho capito presto che c’era qualcosa che non andava», ricorda la donna. E, in effetti, Valeria viene aggiunta in gruppi dai contenuti pornografici. «Mi diceva che c’era una certa Jessica Lanzone che la offendeva per la sua disabilità. Così – racconta – anche io ho voluto entrare a fare parte di questi gruppi, in cui c’erano centinaia di persone tutte con nickname e foto false nei profili, per indagare». Da lì a poco anche lei inizia a essere perseguitata da questa sedicente Jessica: online cominciano a circolare anche le sue foto con ingiurie, parolacce, illazioni e scritte tipo “Fa sesso gratis con tutti h24“. Lo stesso avviene con le immagini di sua figlia. In questo caso, in più, cominciano a circolare online anche dei video porno. «Sin da subito ho avuto il sospetto che questa Jessica in realtà fosse lui – riferisce Mirella – e non solo perché nello scrivere usava degli intercalari tipici del suo dialetto. Ho contattato questo profilo ma mi ha detto però di essere muta. Anche mia figlia a un certo punto si era convinta che fosse lui perché, come mi disse, questa Jessica sapeva cose che aveva rivelato soltanto a lui che, nel frattempo, era venuto a vivere a Siracusa». 

Così, il 3 maggio del 2020 Mirella denuncia Marcus per atti persecutori e per circonvenzione di incapace. Sono giorni in cui le restrizioni dovute alla pandemia da Covid sono molto forti, specie per muoversi da una regione all’altra. «Ero venuta a sapere che lui aveva già comprato due biglietti per partire l’indomani e così – ricostruisce – ho richiesto, ma senza ottenerlo, un trattamento sanitario obbligatorio per mia figlia che fino a quel momento avevo sempre cresciuto con l’obiettivo di farle avere un discreto livello di autonomia e ci ero riuscita». Quella stessa notte i due lasciano la Sicilia e si trasferiscono nel paese d’origine di Marcus. «Da quel momento, io non ho più visto né sentito mia figlia ma ho continuato a denunciare perché temevo per la sua vita come ho scritto anche nelle integrazioni di querela». Un altro elemento di allarme arriva anche dai Servizi sociali di Prata Sannita che in una relazione di fine agosto del 2020 scrivono che «la coppia deve essere presa urgentemente (con questa parola che è sottolineata) in carico presso la salute mentale territoriale al fine di intraprendere una terapia idonea che consenta di essere rieducati alla vita sociale. Nel dettaglio – si legge ancora nella nota – sarebbe opportuno intervenire sulla personalità dell’uomo che indirettamente condiziona i comportamenti della donna». 

Nove mesi dopo, precisamente il 17 maggio del 2021, Valeria muore. E Mirella viene a saperlo con un sms di Marcus: «Valeria è morta questa mattina. Ti volevo informare. Non sto scherzando: se non ci credi, ti faccio vedere il certificato di morte». La madre lo legge mentre si trova ancora in macchina nel parcheggio del centro commerciale dove è andata per la fare la spesa. «Sono rimasta scioccata. Poi ho chiamato la mia avvocata – spiega la donna – che ha avvisato i carabinieri del posto che sono andati a verificare». Ci sarebbe poi il certificato di un medico che avrebbe accertato la morte di Valeria intorno alle 8 di quella mattina. La salma viene sequestrata e sul corpo viene effettuata l’autopsia i cui risultati sono coperti dal segreto istruttorio per le indagini in corso. «Io non so ancora per cosa sia morta mia figlia – denuncia Mirella – Posso solo dire che ho delle cartelle cliniche recenti da cui si evince che non soffriva di nessuna patologia. Adesso – conclude – chiedo solo che si possa arrivare alla verità: lo devo a me stessa che sono sopravvissuta a due cancri, lo devo all’altra mia figlia, e lo devo soprattutto a mia nipote di cui adesso sono tutrice legale». 

Marta Silvestre

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