«La Finanza fu superficiale, poteva ascoltare meglio» Silvana Saguto spiega in aula intercettazioni e nomine

Dai rapporti quasi inesistenti, a suo dire, con l’allora componente togato del Csm Tommaso Virga ai motivi della nomina del figlio Walter. Dalle cave sotto amministrazione giudiziaria agli incarichi all’avvocato Cappellano Seminara. Dalle conversazioni con il tenente colonnello in servizio alla Dia Rosolino Nasca fino alle indagini su Pino Maniaci e Telejato. Dopo oltre un’ora di composta attesa, tra richieste delle parti e decisione della corte in camera di consiglio, Silvana Saguto ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee. Senza incrociare mai neppure per sbaglio né le telecamere dei giornalisti né lo sguardo di alcune parti civili presenti in aula, da Pietro Cavallotti a Massimo Niceta, l’ex presidente delle Misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha preso la parola per appena 40 minuti, toccando alcuni passaggi delle imputazioni che le vengono rivolte dalla procura di Caltanissetta. E per prima cosa tira in ballo la sua personale agendina, quella già nominata in occasione del suo esame, ma mai mostrata. Eccola lì, oggi, sul banco accanto a lei. L’ha portata, ma non intende produrla, malgrado l’invito formale del pm Bonaccorso a farlo.

«Vorrei partire da Tommaso Virga – dice subito -. Non c’è una conversazione, una frase, un rapporto materiale di frequentazione con lui. Lo incontravo rare volte andando a messa, non mi ricordavo neanche il suo nome. Quale potrebbe essere l’interesse a me manifestato di nominare il figlio Walter? Ho portato l’agendina di cui in tanti hanno parlato, non l’ho prodotta solo per evitare ulteriore gossip – sottolinea -, sono tutte le persone che io coi colleghi mi annotavo altrimenti non sapevamo a chi dare gli incarichi». E spiega che «per essere una “persona di fiducia” doveva trattarsi di qualcuno ci veniva segnalato perché bravo o già impiegato in altre misure, questa la maniera di nominare “sulla fiducia”». Ma Tommaso Virga non le avrebbe mai manifestato questa intenzione per il figlio, anzi. «Ci ha pregato di toglierlo dopo tutti gli attacchi mediatici ricevuti – continua a dire l’ex giudice -. Per questo poi a posteriori io lo definisco “un ragazzino da niente” in un’intercettazione, perché non aveva retto l’impatto mediatico a differenza nostra, ciascuno coi nostri fastidi. In ogni caso, il fatto di essere figlio di un magistrato o essere un professore universitario è un requisito di onorabilità. Lui aveva anche fatto il corso di preparazione per gli amministratori, quello del Dems, fatto di concerto col ministero, l’università e l’agenzia dei beni confiscati. Io non ho mai neanche preso un caffè con Virga, lo conoscevo di vista, non frequentavo nemmeno Magistratura indipendente».

Il secondo passaggio che vuole chiarire riguarda il sequestro Rappa. «Io non c’entro nulla – dice -. Il tribunale è fatto da tre persone, più volte mi è stato contestato di essere stata l’artefice dei provvedimenti, ma quelli si fanno in tre, avevo altre due persone accanto. Ma viene fatto passare, anche sui media, che sia solo tutta responsabilità mia. Le nomine come le revoche. Io non ho mai revocato nessuno, ma ho proposto la revoca di due amministratori, che poi sono stati arrestati, il dottore Miserendino e il dottore Lipani. Sono sempre indicata come colei che da sola ha fatto sequestro di primo e secondo grado e Cassazione, non è così», si difende l’ex magistrata. Che avrebbe avuto la percezione di essere stata colpita, almeno mediaticamente, più di altri colleghi rimasti coinvolti insieme a lei nel processo sul cosiddetto cerchio magico, il presunto giro di favori di cui lei sarebbe stata la prima artefice. «Rispetto alle famose indagini su Telejato che mi avrebbe rivelato il dottor Nasca – dice poi, tirando in ballo un altro passaggio cruciale -, io sapevo solo che i figli di un certo Impastato avevano dato una macchina sequestrata alla figlia di Pino Maniaci. Lo abbiamo saputo dai carabinieri che ci hanno chiamato. Io so solo questo, non so altro. Ho saputo poi da Fava – aggiunge – che lui era stato avvertito nella qualità di membro della Commissione antimafia di non sentire Maniaci perché su di lui c’erano indagini e avrebbero fatto una brutta figura a dargli ancora la patente di soggetto che combatteva la mafia, soltanto questo, me l’ha detto davanti al prefetto e a Rosy Bindi durante la traslazione della bara di Falcone. Un’altra cosa che sapevo era di un versamento di un’altra cava destinato a Telejato senza causale, la televisione tra l’altro non poteva trasmettere, usava le frequenze di Trm – continua -. E poi la televisione si è messa a difendere alcuni soggetti vicini alla mafia per attaccare la Sezione».

E alludendo proprio ad alcune intercettazioni a suo carico entrate a processo, spiega che se alcuni passaggi risultano incomprensibili è perché magari, senza nemmeno volerlo, si allontanava dalla cella di captazione. Mentre in altre ancora, a suo dire, «alcuni “omissis” sono solo per me, perché la Finanza sa benissimo cosa dico invece. A volte manca solo la parola chiave. L’intercettazione del 30 giugno in cui Cappellano Seminara mi dice che mi avrebbe portato i “documenti” è stranamente omissata dalla Finanza – dice -, quella frase proseguiva così: “i documenti cioè il piano di ristrutturazione Ponte”, infatti loro non salgono a casa. Di quali soldi parliamo quindi io e Cappellano? Però intanto la Finanza commenta dicendo “potrebbe trattarsi di soldi”. E salta un’altra parola anche dopo, che è “catasto”. La Finanza si è comportata in maniera superficiale, poteva stare ad ascoltare meglio: come mai hanno fatto un decreto di perquisizione un mese e mezzo dopo la presunta dazione e un mese ancora dopo si sono presentati a casa dei miei? I miei che sono novantenni, sono andati da loro tutti vestiti di nero come fossero lì per prendere Messina Denaro e dal portafoglio di mia madre hanno preso 24 euro, mentre i miei gli offrivano the e caffè. Hanno preso anche i soldi destinati ai due badanti. Io mi chiedo: tutto questo processo così fatto che mi ha esposto a tutto il resto, che non è poco…», ma si interrompe e lascia in sospeso la frase.

«In un anno ho fatto 373 udienze, più dei giorni dell’anno, finivamo di notte – riprende l’ex giudice -. Ho dato tutto quello che ho potuto e ho gestito con il massimo della diligenza possibile. Gli errori sono sempre possibili, una volta ho nominato un perito nuovo, un ragazzo, doveva valutare una casa, ma è venuto a dirmi che non la sapeva fare quella perizia. Gli ho dovuto affiancare informalmente qualcuno. Noi guardavamo il buon andamento della Sezione, nel massimo della trasparenza. Io motivavo tutto quello che facevo, in ogni caso. Quell’agendina è una maniera per dire che tutti sono innocenti, non colpevoli». Intanto, tra qualche ora il pm inizierà la sua requisitoria.


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