La Candelora d’oro 2015 a Fabrizio Pulvirenti «Accetto non come eroe, ma per tutti i volontari»

«Accetto questo riconoscimento non come eroe o come soldato ferito, ma a nome di tutti i volontari, di Emergency e non solo, che sono in prima linea a combattere contro questo mostro che mi ha ferito ma non ucciso». Con queste parole Fabrizio Pulvirenti, il medico catanese guarito dal virus ebola contratto durante una missione di volontariato in Sierra Leone, commenta il conferimento della Candelora d’ora 2015, la massima onoreficenza cittadina. Le parole di ringraziamento del dottore sono andate alle istituzioni catanesi e al personale dell’ospedale Spallanzani di Roma che lo ha curato. «Ma il mio pensiero va soprattutto alla Sierra Leone – continua Pulvirenti -, un Paese magnifico, martoriato prima dalla guerra e poi dall’ebola, a causa di un sistema sanitario troppo fragile». «Quando si dà tutto per una causa si dice che si dà il proprio sangue – commenta il sindaco Enzo Bianco – e colpisce molto il fatto che i malati di ebola saranno curati con il sangue del dottor Pulvirenti, ricco di anticorpi efficaci contro il virus secondo un principio simile a quello dei vaccini».

«Con il suo impegno, Fabrizio Pulvirenti è diventato un alfiere della migliore sicilianità, offrendo al mondo un’immagine assai positiva della nostra terra e della nostra città – continua il primo cittadino motivando l’onoreficenza al medico -. E dichiarando di voler tornare in Sierra Leone ha dimostrato di voler proseguire nel suo cammino di solidarietà con una dedizione totale, che coincide perfettamente con lo spirito agatino». E a proposito delle missioni di volontariato all’estero, Pulvirenti ci tiene a sottolineare l’importanza di affidarsi a organizzazioni riconosciute. «Attenzione a non scambiare volontariato con volontarismo – dice il medico – in queste cose l’improvvisazione è rischiosissima e invito chi vuole prestare la propria opera a non compiere gesti sconsiderati e rivolgersi a organizzazioni rodate». Un passaggio che è stato letto come un chiaro riferimento alla vicenda delle due giovani cooperanti Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, rapite in Siria e poi rilasciate.


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