In Sicilia l’otto per cento è senza fissa dimora Cancelleri: «Usiamo 800 milioni di fondi Ue»

Povertà estrema. Una parola che accorcia la distanza tra la paura e il disagio e mette di fronte alle cose senza scorciatoie, ponendo nella luce più chiara la ruvida realtà di una società che a volte si assolve con troppa facilità. È stata realizzata la seconda indagine sulla condizione delle persone che vivono in povertà estrema, a seguito di una convenzione tra Istat, ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora e Caritas Italiana. 

Le sedi del governo e delle scelte sono le prime che si rivelano spesso inadeguate nelle risposte che forniscono, tra tagli di bilancio e profili di decisioni che non convincono. O che non risolvono. Oggetto dell’approfondimento sono anche coloro che (68,8 per cento) dichiarano di essere iscritti all’anagrafe di un Comune italiano. Nel 2014 le persone senza fissa dimora in Sicilia sono il 7,9 per cento, rispetto al 9,2 del dato che riguarda le isole. Circa quattromila, con il numero degli stranieri che vede un raddoppio tra quelli che sono senza dimora da almeno due anni. Le differenze tra stranieri ed italiani si stanno riducendo in termini di età, ma anche sulla base del dato che riguarda la permanenza nella condizione di senza dimora e titolo di studio. Povertà che mette insieme chi lavora e non ce la fa, chi stenta a trovare lavoro e chi ci ha rinunciato. Ma anche chi ha visto implodere una comunità di affetti familiari uscendo da un matrimonio. Reddito troppo basso, difficoltà al sostenimento, mense affollate. 

Una povertà ormai indiscriminata che colpisce nuove categorie come quelle dei separati. Il 63 per cento del dato nazionale pone come prima causa la ristrettezza economica del coniuge finito fuori di casa e senza possibilità di ripartire fuori dal proprio nucleo. La seconda causa, si legge nel rapporto Istat (25,4) è la malattia. Per essere censiti da questa indagine si è proceduto ad una analisi dei servizi di mensa e di accoglienza notturna. Chi non frequenta questi posti rimane di fatto fuori dalla possibilità di essere tracciato nella mappa del disagio e della nuova povertà. I numeri, in altre parole, potrebbero essere ancora più drammatici. 

Il 7 per cento delle persone che usufruiscono in Italia del servizi di unità di strada si trova in Sicilia. Chi non ha più una casa si concentra nelle aree metropolitane la percentuale (65 per cento) e nei Comuni tra i 70 ed i 250 mila abitanti (35 per cento). Secondo Giancarlo Cancelleri, M5s «i dati parlano chiaro: in Sicilia c’è bisogno di mettere mano ad una misura seria per fronteggiare una crisi che è di fatto enorme. Bisogna pensare ad arginare il problema – continua -. Dopo il rapporto dello Svimez, in queste settimane stiamo cercando di ripartire dal reddito di cittadinanza che è diverso dalla proposta del ministro Poletti di reddito di inclusione sociale. Tramite il nostro parlamentare a Bruxelles Corrao abbiamo chiesto un incontro con Corina Cretu, commissario europeo per la politica regionale per capire quanto degli 800 milioni di euro del fondo sociale europeo sono utilizzabili per questa misura e quanto serve di cofinanziamento del bilancio regionale». 

Cosa fare dunque per periferie di tristezza e malinconia, luoghi del silenzio dove lo Stato sociale rischia di essere due spalle che si stringono dietro la porta di una stanza? Non tutto è colpa della politica, e la politica non potrebbe in ogni caso tutto, ma se l’ascolto è la prima forma del linguaggio, bisogna chiedersi se reddito di cittadinanza – sposato dall’amministrazione Pd in Puglia – è tutto quello che rimane in campo oggi sulla materia. L’assessore regionale Gianluca Miccichè si dice consapevole: «Reddito di cittadinanza ed altre cose da sole non risolvono, dobbiamo trovare la copertura finanziaria sulla spesa corrente, la quantificazione dei precari in Sicilia è indefinita, non possiamo produrre alte forme di assistenzialismo. Al tempo stesso non si deve speculare sul bisogno dei cittadini. Agiremo con nuove risorse sulle forme di sostegno al reddito ed alle famiglie». 


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