Omicidio colposo. È il reato per cui la giudice per le indagini preliminari Giuseppina Montuori ha disposto che il pubblico ministero provveda a formulare, entro dieci giorni, un’imputazione coatta nei confronti di Diego Piazza. Primario di Chirurgia oncologica all’ospedale Garibaldi Nesima di Catania ed ex presidente dell’ordine dei medici, Piazza è indagato nella vicenda della morte di Agata Fazzio.
La signora di 78 anni è deceduta l’11 dicembre del 2018, dopo diciotto giorni passati nel reparto di Terapia intensiva nel nosocomio dove era stata ricoverata per un intervento in laparoscopia al colon. A presentare un esposto in procura, pochi giorni dopo il decesso, erano stati i figli della signora, Marco e Vincenzo Marcello Piso; da lì sono poi partite le indagini. Alla richiesta di archiviazione avanzata dal pm, i familiari – assistiti dall’avvocato Arduino La Porta – si sono opposti. Una opposizione che la gip adesso ha valutato come «fondata».
«È un grande risultato – commenta a MeridioNews Marco Piso, uno dei figli della vittima – La vicenda di mia madre non meritava di finire archiviata. Ci interessa arrivare a dibattimento per dimostrare che non si può morire così per un intervento di routine e – aggiunge – per la superficialità di chi avrebbe dovuto prendersi cura di lei e non lo ha fatto. Voglio ancora poter continua a lottare per mia madre». È il 21 novembre del 2018 quando la donna viene ricoverata; l’operazione, come previsto, avviene l’indomani. Dopo una notte passata in Rianimazione, la signora torna in reparto per la degenza.
Stando al racconto delle parenti che erano con lei – una figlia e una nipote – la signora Fazzio avrebbe cominciato ad «accusare forti dolori addominali, a sudare freddo, ad avere la febbre». Una situazione di cui, nonostante le segnalazioni che le familiari dicono di avere fatto al personale sanitario, non ci sarebbe traccia nella cartella clinica, tanto che i parenti della signora avanzano l’ipotesi di falso. A circa 48 ore dall’intervento, la donna sviene e perde conoscenza. Dopo una tac all’addome che mostra una peritonite e uno shock settico, la donna viene sottoposta a un’operazione d’urgenza e finisce in Rianimazione dove resta fino al momento della morte. In entrambi gli interventi, il primo operatore è Diego Piazza.
«È una vicenda medica molto complessa – spiega a MeridioNews l’avvocato Carmelo Peluso, che è il difensore di Piazza – Chi oggi canta vittoria deve essere cauto perché metterò in campo tutti i migliori consulenti per dimostrare che il mio assistito è innocente e per fare presente che alcune ricostruzioni fatte dalla gip non sono corrette». In merito alle conclusioni della relazione dei consulenti tecnici nominati dalla procura (Veronica Arcifa e Nello Grassi), sulla base della quale era stata richiesta l’archiviazione, la giudice afferma che sono «per un verso, contraddittorie e, per altro verso, non esaustive».
Oltre a lacune sui valori della vittima – che dopo la prima operazione non sarebbero mai rientrate nelle norma -, mancanze nel referto operatorio e contraddizioni su una perforazione intestinale e sulla successiva peritonite (ipotizzata come causa della morte della donna), la gip fa notare che non viene spiegato il motivo per cui dall’autopsia non emerge nulla che spieghi il decesso per polmonite dovuta al batterio Klebsiella. «La signora è morta a causa di un’infezione che ha contratto in ospedale dopo l’operazione – sostiene il legale – E di questo non può certo ritenersi responsabile il mio assistito. Tra l’altro – aggiunge Peluso – la gip ha omesso di rilevare che i consulenti del pm hanno isolato il batterio nelle analisi sul cadavere della donna». A fare chiarezza sull’intera vicenda, adesso, potrebbe essere un processo.
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