«I danni causati dagli incendi potremmo pagarli in autunno». Con le temperature in impennata e l’estate ancora a farla da padrona, le piogge possono essere un pensiero lontano ma così non è. Perlomeno in quei territori che, per conformazione orografica e sviluppo urbanistico, storicamente fanno i conti con un elevato rischio idrogeologico. Sono infatti diversi gli amministratori che hanno lanciato l’allarme subito dopo i roghi che hanno distrutto migliaia di ettari di vegetazione in Sicilia.
Per molti infatti, archiviata la stagione degli incendi, il rischio che potrebbe ripresentarsi – con più forza rispetto al solito – è quello di frane e alluvioni. «Già il 2 luglio, con l’incendio che ha mandato in fumo 150 ettari di bosco su monte Inici, ho lanciato l’allarme per il rischio idrogeologico – commenta il sindaco di Castellammare del Golfo, Nicolò Coppola -. Il pericolo si è poi quintuplicato con l’incendio del 12 luglio quando in zona Fraginesi quando abbiamo dovuto evacuare circa cento famiglie con 550 ettari bruciati e abitazioni danneggiate». Le parole del primo cittadino arrivano all’indomani del rogo più grave finora registrato nel Trapanese: due giorni di fuoco che hanno distrutto buona parte della riserva dello Zingaro. «È stato frutto di un disegno criminale che questa volta ha avuto come obiettivo una tra le nostre più grandi ricchezze», prosegue Coppola.
Accanto alla rabbia per i danni causati alla natura, avanza adesso il timore per l’incolumità delle persone. Non solo nell’immediatezza degli incendi, ma per i prossimi mesi quando il territorio potrebbe essere esposto a calamità di altro tipo. «Già negli anni Settanta un incendio nel monte Inici ha preceduto un’alluvione che creò devastazione – ricorda il sindaco -. Dobbiamo intervenire finché si è in tempo». A Castellammare del Golfo, sono diverse le aree che a detta del primo cittadino meritano interventi tempestivi. «Ho chiesto alla Regione e alla Protezione civile di lavorare alla messa in sicurezza. Ancora non ho ricevuto risposte, ma non sono i ritardi del momento a preoccuparmi quanto la possibilità di non averne per nulla di risposte», ammette Coppola, che ha già chiuso la zona Belvedere per il rischio di cedimenti. «Ci sono aree che mi preoccupano particolarmente come quella di Petrazzi e Pilato, dove vivono molte persone».
Chi invece si mostra fiducioso nel fatto che la Regione risponda all’appello sicurezza è l’assessore alla Protezione civile del Comune di Messina Sebastiano Pino. Due settimane fa, l’esponente della giunta Accorinti aveva chiesto al governo di derogare alla norma che prevede per cinque anni l’impossibilità di intervenire nei luoghi colpiti da incendio doloso. «Facevo riferimento alla possibilità di avviare il rimboschimento – spiega Pino -. Secondo la legge non si potrebbe fare, ma in alcuni punti potrebbe essere essenziale per evitare che il terreno ceda».
A tal proposito, l’assessore dichiara di avere ricevuto una rassicurazione dal presidente della Regione Rosario Crocetta. «È stato un colloquio informale, quando è venuto qui dopo gli incendi – racconta Pino -. Mi ha detto che nei terreni demaniali si sarebbe fatto tutto il necessario, anche attraverso una deroga per questioni di sicurezza». A Messina, una delle aree più a rischio potrebbe essere quella dell’Annunziata. «È tra quelle che si trovano a valle di terreni particolarmente scoscesi, ma ce ne sono anche altre. Stiamo collaborando con l’Ordine dei geologi per fare una mappatura delle aree più a rischio».
La correlazione tra incendi e rischio idrogeologico è un fatto confermato anche dal geologo Giovanni Pantaleo. «La distruzione della copertura vegetativa lascia i terreni più esposti ai fattori atmosferici – spiega l’esperto -. Ciò, nei versanti molto ripidi, può causare un incanalamento più violento delle acque meteoriche che potrebbero arrivare a valle senza trovare particolari ostacoli, se non proprio le abitazioni che, purtroppo, in Sicilia spesso sono edificate a ridosso degli impluvi». Il tutto senza dimenticare il rischio di frane. «Nei terreni fratturati a causa della variazione di temperatura tra inverno ed estate, la mancanza di alberi può favorire l’erosione». Pantaleo, tuttavia, considera quello degli incendi soltanto un’aggravante del rischio idrogeologico. «Le cause principali sono altre, ma come per quanto riguarda i roghi con la prevenzione si potrebbe ottenere molto. A partire – conclude – dalla pulizia degli alvei che sono spesso ostruiti da rifiuti ingombranti o vegetazione che andrebbe rimossa».
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