Il Pd si incontra per discutere di cultura Critiche per Crocetta e richiami a Bianco

«Ma Maria Rita Sgarlata viene lo stesso?». «E Antonio Fiumefreddo lo avete invitato?». Risate più o meno aperte, accese discussioni e ragionamenti lucidi. Sono le nuove nomine della giunta regionale di Rosario Crocetta il vero argomento di discussione – dopo le deleghe rese note ieri – della mattinata del Pd catanese. Riunito in realtà al teatro Sangiorgi in un incontro-fiume per discutere di cultura, a partire dai teatri ma non solo. Sul palco interviene quasi l’intero organigramma del Partito democratico cittadino e provinciale, più alcuni operatori del settore etneo, rappresentanti dei lavoratori e sindacalisti della Cgil. Il sindaco Enzo Bianco arriva alla fine per i saluti ma, sul palco, il Comune di Catania viene rappresentato dall’assessore ai Saperi Orazio Licandro.

Ognuno porta alla discussione il suo contributo, «con l’intenzione di costituire un tavolo di lavoro condiviso», introduce Adele Palazzo, segretaria del circolo Pd centro storico. Con la consapevolezza – espressa da Daniele Sorelli, responsabile nazionale Cultura e giovani, e dal deputato nazionale Giuseppe Berretta – del ruolo del Pd nei governi regionale e nazionale. Ma l’idea del tavolo non piace proprio a tutti, così come il governo di Rosario Crocetta. «Non è solo un problema di soldi ma sopratutto di testa – commenta la deputata regionale Concetta Raia – Serve un progetto culturale serio e in questo governo regionale non lo vedo. Abbiamo… Hanno (si corregge, ndr) fatto una finanziaria con dei tagli pesanti». «La burocrazia vanifica tutti gli sforzi», si difende l’assessore regionale Sgarlata, spostata dai Beni culturali all’Ambiente per fare posto al catanese Antonio Fiumefreddo, già sovrintendente del teatro Massimo Bellini etneo e convitato di pietra dell’evento.

Critiche che toccano anche il sindaco Enzo Bianco. «Dopo gli impegni assunti in campagna elettorale, Bianco deve assumersi questo impegno nei confronti del teatro Massimo», continua Berretta. Nello specifico, la nomina del nuovo consiglio d’amministrazione, rimandata da circa un anno, di cui il primo cittadino è presidente e legale rappresentante. «Vorremmo che il sindaco fosse più presente», dice Loretta Nicolosi, una lavoratrice dell’ente. «Quella che prima era una farsa adesso rischia di diventare una tragedia – risponde il primo cittadino – In nove mesi si sono succeduti tre commissari e io non ho poteri. Ma ancora si discute dell’eventuale incompatibilità tra la mia carica di sindaco e quella di legale rappresentante del teatro».

A fare proposte concrete sono sopratutto gli operatori del settore, in una sala che però va pian piano svuotandosi. Soprattutto degli stessi politici che dovrebbero ascoltarli. Su tutte, la più condivisa è aprire i teatri pubblici ai privati, come investimenti – defiscalizzando – o come affitti. «Ma anche stanziare dei fondi per l’occupazione giovanile per favorire il rinnovamento culturale», propone Giuseppe Dipasquale, direttore artistico del teatro Stabile etneo. «E creare un auditorium comunale che dia spazio alle eccellenze locali, ad esempio alle Ciminiere che adesso non si sa a che dovrebbero servire», continua Biagio Guerrera, dell’Associazione musicale etnea e rappresentante degli Stati generali della Cultura.

Una collaborazione tra pubblico e privato che trova d’accordo anche l’assessore Licandro, secondo cui «la cultura, specie in momenti di crisi, non può essere intesa come un lusso che non ci si può permettere ma come una leva». «Perché il teatro è come la politica: ha una funzione sociale – conclude il suo intervento Amanda Catania, responsabile provinciale Cultura del Pd – La politica si è allontana dal teatro, ma deve tornare a ricordarci che siamo figli d’arte e che il solo moto d’orgoglio non basta».


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