Il Megafono non ha sfondato perché è alleato del Pd

Ieri il nostro Gabriele Bonafede, commentando i risultati elettorali del Pd in Sicilia, ha scritto cose giuste e condivisibili. Ha raccontato, in sostanza, che là dove il Partito democratico ha presentato personale politico nuovo, giovane e legato al proprio territorio ha vinto. Mentre dove ha presentato i protagonisti di una lunga e fallimentare stagione politica trasformista ha perso.

A noi questa sembra un’analisi corretta. Non ci convince, invece, l’analisi di certi dirigenti del Pd siciliano che, per giustificare la pesante sconfitta elettorale del proprio Partito, cercano altrove i capri espiatori.

Dire, ad esempio, che il Pd ha perso in Sicilia perché c’era il Megafono, il Movimento del presidente della Regione,Rosario Crocetta, è un modo per travisare la realtà politica ed elettorale. Perché la presenza di soggetti diversi, in un grande schieramento politico, arricchisce il dibattito e allarga la base del consenso.

La tesi che il Megafono avrebbe fatto perdere voti al Pd è sbagliata anche sotto il profilo elettorale. Perché proprio in Sicilia, per tradizione , le formazioni politiche alleate, se si presentano sotto sigle diverse, prendono più voti e più seggi. Era così con la vecchia legge elettorale regionale (Pci e Psi, spesso, presentavano, in alcuni collegi, due liste: cosa che gli consentiva di guadagnare voti e seggi all’Ars). Ed è così anche con l’attuale legge elettorale regionale. Ed è così anche con la legge elettorale nazionale.

I dirigenti del Pd fanno notare che il loro partito, in Sicilia, ha preso, pressappoco, gli stessi voti alla Camera e al Senato. Siccome alle elezioni del Senato c’era il Megafono e alla Camera no, il Pd siciliano si aspettava più voti alle elezioni per la Camera. Morale: gli elettori che hanno votato il Megafono al Senato non hanno votato il Pd alla Camera.

Il ragionamento potrebbe filare se il discorso si fermasse qui. In realtà, chi fa questo ragionamento dimentica di analizzare i voti del Megafono. Erano in tanti, nel Movimento del presidente della Regione, ad aspettarsi un risultato superiore al 6,5 per cento. Si parlava di un risultato a due cifre. Che non c’è stato. Perché?

Semplice: perché tanti potenziali elettori del Megafono avrebbero voluto come capolista un esponente di questo Movimento e non un esponente del Pd, ovvero Giuseppe Lumia. Tantissimi, potenziali elettori del Megafono, al Senato, hanno votato Movimento 5 Stelle non perché ne erano convinti, ma perché non volevano votare per l’uomo politico –Lumia – che più di ogni altro dirigente del Pd incarnava e incarna quattro anni di Governo dello stesso Pd alla Regione con Raffaele Lombardo.

Cosa vogliamo dire, con questo? Che il Pd siciliano non ha perso voti al Senato perché c’era il Megafono, ma che è vero l’esatto contrario: e cioè che il Megafono non ha sfondato perché, in questa lista, gli elettori hanno riconosciuto il vecchio Pd.

I dirigenti del Pd siciliano, piuttosto che gettare la croce addosso al Megafono dovrebbero cercare di capire come hanno fatto, alle elezioni regionali dello scorso ottobre, a perdere 200 mila voti rispetto alle elezioni regionali del 2008. E come hanno fatto, alle elezioni politiche di qualche giorno fa, a perdere 250 mila voti rispetto alle elezioni politiche del 2008 (dove, peraltro, erano andati male).

La verità è che questo Pd, da Roma a Palermo, dimostra di non conoscere una parola: autocritica.

 


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