C’è chi parla di «amicizia», chi di «stima politica immutata», chi si avventura in analisi sullo «spessore umano straordinario» e chi invece si limita a sottolineare l’ovvio: «È forse reato esprimere la propria opinione?». Totò Cuffaro non appare, non risulta nei comunicati ufficiali, non rilascia dichiarazioni e non si avventura nell’agone politico del centrodestra, diviso su Palermo, ma unito nella coalizione che ha dato il via alla lunga campagna elettorale per le Regionali.
Se si guarda alle elezioni per Palazzo d’Orleans del 2012 e al percorso iniziato oggi verso l’appuntamento elettorale dell’autunno, il centrodestra sembra non essere più lo stesso. Eppure gli attori sono sempre i medesimi, soltanto che questa volta sono seduti allo stesso tavolo, fianco a fianco Gianfranco Micciché e Nello Musumeci, i due leader che si sfidarono cinque anni fa. Quando l’ex governatore condannato per favoreggiamento aggravato alla mafia stava ancora scontando il suo debito con la giustizia.
Certo, per Cuffaro resta l’interdizione dai pubblici uffici, ma il peso specifico della sola opinione dell’ex governatore è ancora ingombrante nella politica siciliana. È stato così nella stagione referendaria del 2016 (Cuffaro si è espresso per il sì al referendum abrogativo sulle trivelle e per il no alla consultazione referendaria che avrebbe dato il via alla riforma costituzionale).
Ed è sempre l’ex governatore a riuscire a leggere prima di altri tra le righe del caos sulle elezioni amministrative nel capoluogo, e intravedere in Fabrizio Ferrandelli l’unico candidato in grado di scontrarsi con Orlando alla pari, senza giocare il ruolo di Davide contro Golia. In un quadro in cui, per altro, il centrodestra ha la doppia difficoltà di fronteggiare un sindaco uscente forte e di rimuovere dai ricordi dei palermitani l’immagine di Diego Cammarata e del suo skipper. E oggi, eccoli lì, le donne e gli uomini di Cuffaro, seduti a «riportare sulla strada del buonsenso» le due fronde rivali cinque anni fa.
C’è Saverio Romano, che da braccio destro di Cuffaro si è costruito in questi anni un ruolo da protagonista. C’è Ester Bonafede, già in giunta con Crocetta quando l’Udc era ancora un solo partito, oggi commissario dell’organizzazione politica rimasta in mano a Lorenzo Cesa dopo la spaccatura con Casini. Ma c’è anche un altro ex assessore di Crocetta, Giovanni Pizzo, che nel divorzio in casa Udc ha scelto di restare dalla parte di Cesa (e, indirettamente, di Cuffaro). Questi ultimi sembrano gli unici, degli oltre 50 assessori cambiati da Crocetta durante la legislatura, pronti a mettere la propria faccia per costruire un’alternativa a un governo del quale sono invece stati protagonisti.
Secondo Saverio Romano, «l’evoluzione del centrodestra siciliano è stata il frutto di diversi fattori. La politica risente di dinamiche sociali, culturali, economiche e le trasformazioni che la nostra società vive in tempo reale non possono che ripercuotersi, in un modo o nell’altro, nell’offerta politica, nei programmi, nelle alleanze, nei modelli che una forza politica intende proporre e di cui vuole farsi interprete. Se il centrodestra siciliano si è, nei fatti, disgregato, le responsabilità sono diverse, ma io contesto l’idea stessa che oggi si continui ad usare questa formula: ‘centrodestra’. Il progetto per il quale lavoro insieme ad altri è quello della creazione di un’area popolare ed europeista, capace di interpretare le nuove sfide che provengono dal mondo della produzione e del lavoro. Un asse che riunisca le forze moderate per contrastare l’ondata di populismo e di demagogia che sta travolgendo paesi, comunità, territori, e che sfrutta il malcontento proponendo soluzioni inadeguate e semplicistiche. Uno schieramento che che vada oltre gli steccati e che sia capace di attrarre persone e energie che si riconoscono in un programma liberale e nei valori politici del popolarismo sturziano».
Naturalmente il colpo ben assestato che hanno portato a casa Cuffaro e Romano, con la candidatura di Ferrandelli (Cuffaro è stato il primo sponsor del leader dei Coraggiosi, seguito subito dopo da Romano), ha avuto un suo peso all’interno della coalizione. «Inutile – ammette Romano – negare che l’aver ottenuto l’adesione di altri partiti sul nome di Ferrandelli ci riempie di soddisfazione. Fabrizio è un candidato che può battere il sindaco uscente e che ha dato prova di coraggio e di passione politica».
«La città di Palermo – sottolinea ancora Romano – esce da cinque anni di malgoverno e di degrado. Leoluca Orlando e la sua giunta hanno fallito. I palermitani lo confermeranno con il loro voto. Il percorso delle primarie ci vede direttamente coinvolti insieme ad altre forze politiche, con le quali stiamo definendo le regole e le prospettive di una formula che deve puntare sulla partecipazione e sul coinvolgimento. Le primarie devono essere una risorsa e un fattore di unità e di condivisione. In tale prospettiva daremo il nostro contributo». Il nome che esprimerà il Cantiere popolare resta top secret al momento, «ma sicuramente daremo il nostro contributo con un nome di peso».
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