Il presidente dell'Assemblea territoriale idrica di Catania fa il punto sulle difficoltà delle società che gestiscono il servizio in provincia. L'attenzione è rivolta sui costi energetici per attingere l'acqua dai pozzi che si trovano spesso a grandi profondità
Il caro energia minaccia l’approvvigionamento idrico «Regione intervenga, aziende a rischio crisi finanziaria»
Il percorso turbolento verso l’affidamento del servizio a un soggetto unico, le critiche a macchia di leopardo sulle bollette, le pretese dei privati. Il momento attuale nella gestione dell’acqua è delicato un po’ in tutta la Sicilia. La provincia di Catania, da questo punto di vista, rappresenta in qualche modo un esempio ed è proprio da qui che parte un appello nei confronti della Regione Siciliana per evitare che il settore si ritrovi a dover fare i conti con un problema, nuovo per l’opinione pubblica ma che le aziende che si occupano di portare l’acqua a casa dei cittadini conoscono già da un po’: i riflessi del caro energia nelle fasi di approvviggionamento.
A lanciare l’allarme è il presidente dell’Assemblea territoriale idrica Santi Rando, che in una lettera si fa portavoce delle difficoltà finanziarie in cui versano le società – pubbliche e private – che al momento gestiscono il settore. «Il rincaro dell’energia elettrica sta determinando un grave stato di crisi finanziaria delle aziende catanesi, che dovendo approvvigionare l’acqua tramite pompaggi da pozzi profondi, hanno consumi energetici elevatissimi. Si tratta di vere e proprie aziende energivore, per le quali il costo dell’energia costituisce una parte predominante dei costi di produzione». Rando, che è anche sindaco di Tremestieri Etneo, sottolinea come gli attuali costi riconosciuti in bolletta dall’Arera (l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, ndr) fa riferimento ai prezzi di due anni fa. «In sostanza il prezzo riconosciuto in tariffa nel 2021 è quello pagato nel 2019 e quindi per effetto dei vertiginosi rincari l’esposizione finanziaria diviene insostenibile», si legge nel documento.
Secondo l’Ati etnea, al momento né i rimedi messi sul tavolo dall’Arera con l’aggiornamento del metodo tariffario né le misure introdotte dal governo nel settore delle imprese energivore possono rappresentare una soluzione. «I prezzi di fornitura dell’energia alle aziende che svolgono il servizio idrico sono più che raddoppiati, passando da una media di 14-16 centesimi per chilowattora a 35 centesimi per chilowattora nel corso del 2021». Complessivamente in provincia di Catania il maggior costo non riconosciuto in bolletta e che quindi grava sulle casse finanziarie delle società sarebbe di circa 30 milioni di euro. «Già adesso alcune delle principali aziende non riescono a pagare le bollette, con il conseguente rischio di distacchi della fornitura e disservizi nell’erogazione dell’acqua», avverte Rando.
Per il presidente dell’Assemblea territoriale idrica non è immaginabile pensare che a pagare queste maggiori spese possano essere i cittadini con un aumento delle bollette. Anche perché gli utenti fanno già i conti con i rincari in materia di energia e gas. «Un tale rimedio sarebbe non soltanto ingiusto per la cittadinanza, ma sortirebbe certamente l’effetto di far incrementare la morosità non raggiungendo l’obiettivo – sottolinea Rando – Come Ati Catania abbiamo rappresentato la situazione all’Arera e abbiamo immediatamente chiesto l’intervento della Regione, perché possano essere reperite le risorse da mettere a disposizione per un prestito adeguato a far fronte alla crisi finanziaria in atto; il prestito – aggiunge – sarebbe comunque garantito dalla tariffa, che consentirà di recuperare la spesa in maniera diluita nel tempo».
Prossimamente un incontro tra i rappresentati dell’Ati etnea dovrebbe tenersi alla presenza dell’assessora all’Energia Daniela Baglieri e del presidente della Regione Nello Musumeci. Il caso Catania potrebbe fare da apripista a richieste simili provenienti dalle altre province dell’isola.