«Tu appena hai i limoni, noi veniamo, li prendiamo e ce ne andiamo» e ancora «ci sono le fragole vero?». Parlavano di agrumi, olive, frutta e cassette da caricare nei furgoni per cercare di non insospettire gli investigatori. Gli affari, però, erano di tutt’altro tipo e si basavano su grossi quantitativi di sigarette di contrabbando da importare in Sicilia dalla Tunisia. Un accordo commerciale illecito che sarebbe cominciato a settembre del 2020 tramite la collaborazione di due gruppi criminali. Uno, attivo in Africa, avrebbe avuto al vertice Ahmed Zaabi; l’altro, nell’Isola, capeggiato dal Walid Mirghli, pescatore tunisino domiciliato a Mazara del Vallo e beneficiario di 280 euro mensili di reddito di cittadinanza. In mezzo, la figura del pregiudicato palermitano 46enne Antonio Lo Nardo, attivo nel settore del contrabbando dal 1998 è considerato la figura che si occupava «di gestire i contatti con i fornitori per l’acquisizione dei tabacchi», come si legge nell’ordinanza dell’inchiesta Blu Wave della guardia di finanza.
Nei guai è finito anche il sottufficiale della guardia costiera, in servizio alla capitaneria di porto di Palermo Bartolomeo Bertuglia. Insieme al fratello Francesco, avrebbe messo a disposizione del gruppo criminale la nave di cui erano armatori: il rimorchiatore Totò. Il 19 ottobre dello scorso anno è una giornata cruciale per gli investigatori. I militari riescono infatti a ricostruire come funziona il meccanismo che consente i rifornimenti di sigarette dall’Africa. Le bionde, partite a bordo di pescherecci dalla Tunisia, vengono trasbordate a largo delle coste siciliane su natanti di piccole dimensioni. Tra le 17 e le 18.30 del 19 ottobre 2020 il telefono dei fratelli Bertuglia viene localizzato a largo di Pantelleria. In quel lasso di tempo, secondo la finanza, sulla loro barca vengono caricate 216 casse di tabacchi illegali per oltre duemila chili.
Terminate le operazioni, la barca si dirige verso contrada Tre fontane, nel territorio di Campobello di Mazara. Un luogo non casuale perché meta, sempre il 19 ottobre, di un secondo viaggio gestito da un secondo equipaggio. La banda, però, in questo caso deve fare i conti con un blitz delle forze dell’ordine. Walid Mirghli e altri complici finiscono in manette e oltre 4000 stecche di sigarette – marca Oris e Pine Blu – vengono sequestrate. I piani saltano e, secondo la ricostruzione contenuta nei documenti, la barca di fratelli Berguglia cambia rotta e si dirige al porto di Marsala. Questo carico è salvo e non mancano i commenti. Uno degli indagati sottolineava il ruolo di Berguglia che, a suo avviso, gli avrebbe garantito maggiori libertà di movimento: «Se è passata accanto a loro non hanno potuto dire nulla? Perché quel signore è più grosso di loro. Hai capito com’è? Perché si sa quel signore dove lavora, ed è più grosso di loro». Il sottoufficiale dopo l’approdo a Marsala, secondo l’accusa, avrebbe voluto disfarsi delle sigarette il prima possibile: «Vito passa a qualsiasi ora che ti devo dare i passuluna (olive nere, ndr), o se no domani non su chiù bone (non sono più buone, ndr)», è uno dei messaggi vocali intercettati sullo smartphone del sottoufficiale con cui si rivolge all’altro indagato Vito Agnello. Obiettivo «la necessità di liberarsi del carico di sigarette di contrabbando».
Agnello per i finanzieri è un’altra delle figure centrali dell’inchiesta. Residente a Campobello di Mazara e titolare del club nautico Onda blu. Struttura che, insieme ad alcuni mezzi, avrebbe messo a disposizione della banda di trafficanti. Agnello, per l’accusa, avrebbe anche lavorato allo «stoccaggio e occultamento di parte della merce, oltre a corrispondere una parte del denaro necessario per il pagamento dell’anticipo versato ai sodali tunisini. Svolgeva un ruolo essenziale nel reperire le imbarcazioni e gli equipaggi necessari per coprire la tratta dalle coste siciliane al punto di incontro con la nave madre proveniente dalla Tunisia». Tra tunisini e siciliani non sarebbero mancati i momenti di tensione, causati da ritardi nei pagamenti e carichi di sigarette spariti nel nulla. «Ho trovato il profilo Facebook dell’italiano e dell’altro pure e adesso gliela faccio pagare», diceva in un’altra intercettazione Mirghli.
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