di Mattia Leone
Il tempo delle ideologie è finito. Il Movimento 5 Stelle non è fascista, non è di destra, né di sinistra. E’ sopra e oltre ogni tentativo di ghettizzare, di contrapporre, di mistificare ogni sua parola catalogandola a proprio uso e consumo. Il M5S non ha pregiudiziali nei confronti delle persone. Se sono incensurate, non iscritte a un altro partito o movimento politico, se si riconoscono nel programma, per loro le porte sono e saranno sempre aperte.
Che il sistema rappresentativo ampiamente riconosciuto ed applicato nel secondo dopoguerra fosse in crisi si era già capito e le dichiarazioni di Beppe Grillo ben si inquadrano in questa prospettiva.
Evitando accuratamente paragoni quantomeno azzardati – uno per tutti il riferimento messianico di Casaleggio – di sicuro il messaggio del comico-attivista genovese è prepotente e rivoluzionario.
A chi lo tacciava di aver manifestato una simpatia politica nei confronti del centro sociale di ispirazione fascista Casa Pound, Grillo risponde direttamente dal suo blog: Grillo ha aperto a Casa Pound, vuole allearsi con i fascisti… chi lo ha scritto è in totale malafede, un leccaculo del Sistema. Io non ho aperto a nessun partito e non sono fascista, né simpatizzante del fascismo. Ma chi credete di prendere per il culo? Invece ho detto e ribadisco che il M5S non è un movimento ideologico, ma vuole ottenere la democrazia diretta. E’ un movimento al quale chiunque non sia iscritto a un partito e accetti il suo programma, può iscriversi. E’ ecumenico.
Arriviamo, quindi, al secondo punto: lecumenismo. Il Movimento 5 Stelle raccoglie il contributo individuale di tutti coloro che, per competenze professionali o conoscenze settoriali, sono ritenuti idonei a proporre idee o a trovare soluzioni in linea con lo spirito ed il modus operandi del Movimento stesso, al di là di qualsivoglia discriminazione ideologica o partitica.
Proprio questo argomento rappresenta il nodo centrale della questione: è condivisibile o tollerabile consentire ad unorganizzazione che persegue ideologie che per lungo tempo si sono poste al di fuori della competizione democratica, di collaborare o concorrere alla realizzazione di un nuovo modo di concepire la gestione della res publica?
Il più grande errore di Giulio Cesare fu quello di non aver considerato, nel I secolo a.C., che la società di Roma non era ancora pronta ad accettare la rivoluzionaria riforma politica che egli era sul punto di intraprendere, la stessa che sarebbe stata poi accolta con entusiasmo due secoli dopo le Idi di Marzo. Intelligenti Pauca.
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