Gli empori solidali in Sicilia, dove la spesa si fa gratis «Superare la busta preconfezionata uguale per tutti»

A prima vista non hanno nulla di differente dai normali supermercati. Se non fosse che poi alla cassa non si paga. Quella degli empori solidali è una realtà che ha preso piede, da qualche anno, anche in Sicilia. Sono una decina, distribuiti in vari territori dell’Isola: da Catania a Palermo, da Caltagirone a Caltanissetta, passando anche da Regalbuto (in provincia di Enna) e da Salemi (in provincia di Trapani). «La filosofia è superare lo schema tradizionale dell’assistenza fatta con le buste preconfezionate da distribuire alle persone perché, in molti casi, in quel modo si creano dinamiche umilianti», spiega a MeridioNews Sebastiano Basilotta, uno dei membri fondatori dell’associazione Portaperte di Caltagirone, nel Catanese. Si entra in un vero e proprio minimarket: c’è la cassa, cestini, carrelli e scaffali pieni di prodotti di diverso tipo. Si può acquistare gratis tanta merce quanta prevista dal punteggio calcolato in base al reddito e alla composizione del nucleo familiare. Alla cassa niente scambio di soldi. Solo punti da scalare dalla tessera nominativa.

Secondo l’ultimo rapporto Istat del 2017, in Italia sono cinque milioni le persone che vivono in condizioni di povertà assoluta, che non possono permettersi cioè le spese minime per beni e servizi essenziali (salute, casa e vestiario). Dal 2016 al 2017 la povertà assoluta è cresciuta sia in termini di singole persone che di nuclei familiari (un milione e 778mila). È dalle esigenze raccolte a livello territoriale che nascono questi empori costituiti da reti di associazioni con collaborazioni da parte delle parrocchie e, qualche volta, anche delle istituzioni locali. In Sicilia alcuni progetti sono focalizzati esclusivamente sui prodotti alimentari, altri invece aggiungono anche accessori, articoli per la casa o per la scuola, coperte, asciugamani, prodotti per l’igiene, detersivi e vestiti che, per esempio, gli utenti possono provare e scegliere liberamentecome in un vero e proprio negozio. La vera forza, però, è il cerchio della solidarietà che si crea tra concittadini.  

«La sede del nostro market solidale è una vecchia bottega, poi soffocata dall’espansione della grande distribuzione, che ci è stato donata in comodato d’uso gratuito da due anziani», spiegano da Portaperte di Caltagirone. L’associazione è nata circa tre anni fa per iniziativa di otto soci provenienti da diverse esperienze professionali e di volontariato. Un dipendente dell’Inps, un cancelliere della procura, un giudice non togato, un ispettore capo di polizia hanno dato vita a una forma di assistenza non omologata al classico sacchetto per la spesa uguale per tutti. Nell’emporio, infatti, ci sono degli scaffali «donati da una agenzia di assicurazioni dismessa, riempiti grazie alle donazioni di molti privati cittadini». Ogni utente ha una card con un punteggio mensile da spendere settimanalmente per la spesa. «Ci definiamo un contesto sociale transitorio perché – affermano i soci – da noi non vengono solo fruitori fissi ma anche persone in uno stato di necessità momentaneo, come per esempio i padri separati. Siamo un punto di incontro di un substrato di umanità che esiste ma, troppo spesso, non si vede». 

A Regalbuto, invece, a mettere su l’Emporio solidale Equì 2.0 sono state delle associazioni di volontariato assieme alla parrocchia e al Comune. Il progetto è nato circa un anno e mezzo fa ed è sostenuto dalla Fondazione con il Sud. Sono un centinaio gli utenti che frequentano i locali sotto la Chiesa madre dove «volontari formati accolgono persone che si trovano in condizioni di necessità ma che non sono, per così dire, habitué e quindi potrebbero avere vergogna a far ricorso al classico pacco del banco alimentare», spiega il responsabile del progetto, Francesco Neri. Persone che si ritrovano in povertà dopo una separazione o dopo avere perso il lavoro. «Abbiamo creato la green card pensando a loro. La tessera permette di accumulare punti da spendere nell’Emporio in prodotti, alimentari o vestiario in cambio di ore da dedicare al volontariato». Così si chiude il cerchio della solidarietà.


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